Full Paper

La perfusione cerebrale cambia dopo il trattamento manipolativo osteopatico: studio randomizzato controllato con placebo manuale

Cerebral Perfusion Changes After Osteopathic Manipulative Treatment: A Randomized Manual Placebo-Controlled Trial

Traduzione a cura di: Silvia Clara Tuscano
Autori:

Federica Tamburella1†, Federica Piras1†, Fabrizio Piras1, Barbara Spanò1, Marco Tramontano1* and Tommaso Gili2

1 IRCCS Fondazione Santa Lucia, Roma, Italia,
2 Scuola IMT Alti Studi Lucca, Lucca, Italia

Giornale: Frontiers in Physiology
Abstract:

Il trattamento manipolativo osteopatico (OMT) è un approccio terapeutico volto a migliorare l’autoregolazione del corpo concentrandosi sulla correzione delle disfunzioni somatiche. Nonostante le evidenze a sostegno dell’efficacia dell’OMT, i meccanismi neurofisiologici sottostanti, nonché gli effetti della perfusione del sangue, sono ancora poco chiari. Lo scopo del presente studio era di osservare gli effetti dell’OMT sul flusso sanguigno cerebrale (CBF) in giovani volontari asintomatici, misurandoli con il metodo ASL, Magnetic Resonance Arterial Spin Labelling. Trenta partecipanti in cieco sono stati randomizzati nel gruppo OMT o nel gruppo placebo e sono stati valutati con un protocollo MRI prima dell’intervento manuale (T0), immediatamente dopo (T1) e 3 giorni dopo (T2). Dopo la MRI al tempo T0, i partecipanti hanno ricevuto 45 minuti di OMT mirato a correggere le disfunzioni somatiche di tutto il corpo, oppure un trattamento manuale placebo, costituito da tocchi passivi secondo una sequenza programmata. Dopo il trattamento, i partecipanti rispondevano a un questionario di de-blinding riguardante la loro percezione del trattamento ricevuto. I risultati mostrano differenze significative correlate al trattamento solo per il gruppo OMT (OMTg): la perfusione risultava diminuita (rispetto a T0) in un cluster comprendente la corteccia cingolata posteriore sinistra (PCC) e il lobulo parietale superiore, mentre in T2 risultava aumentata nella PCC controlaterale. Inoltre, più del 60% dei partecipanti riteneva di aver subito l’OMT. Le modifiche al CBF in T2 suggeriscono che l’OMT produceva effetti immediati ma reversibili sul CBF.

Parole chiave: Magnetic Resonance Arterial Spin Labelling, trattamento manipolativo osteopatico, placebo, corteccia cingolata posteriore, disfunzione somatica

Articolo

INTRODUZIONE
Il trattamento manipolativo osteopatico (OMT) è un approccio terapeutico volto a migliorare l’autoregolazione del corpo, in linea con i principi della pratica e con l’applicazione di cinque modelli relativi al rapporto struttura-funzione (Thomson et al., 2011; Lunghi et al., 2016; Hruby et al., 2017). Questi modelli (biomeccanico, respiratorio/circolatorio, neurologico, biopsicosociale e bioenergetico) vengono tipicamente combinati per costruire un quadro di riferimento finalizzato a interpretare la rilevanza di una disfunzione somatica (ICD-10 Clinical Modification, 2010) e guidare l’osteopata nella diagnosi e nel trattamento. Le tecniche dell’OMT si concentrano principalmente sulla correzione delle disfunzioni somatiche mediante le tecniche articolari e miofasciali, il bilanciamento della tensione legamentosa e l’osteopatia in ambito craniale. L’efficacia dell’OMT è già stata studiata in diverse condizioni cliniche, per esempio mal di testa primario (Cerritelli et al., 2017b; D’Ippolito et al., 2017; Tassorelli et al., 2017) e lombalgia cronica (Franke et al., 2014; Licciardone et al., 2016; Task Force on the Low Back Pain Clinical Practice Guidelines, 2016). Il vantaggio principale per i pazienti è l’effettivo sollievo dal dolore acuto e cronico(Cerritelli et al., 2016a; Ruffini et al., 2016). Ulteriori effetti positivi sono la riduzione della durata del ricovero e dei relativi costi, in una vasta popolazione di neonati prematuri (Lanaro et al., 2017) e la gestione del dolore dei neonati (Cerritelli et al., 2015).
Nonostante le evidenze a sostegno dell’efficacia dell’OMT, i meccanismi neurofisiologici alla base dei miglioramenti clinici sono scarsamente compresi. Uno studio crossover recentemente pubblicato (Ponzoet al., 2018) ha mostrato che l’intervento dell’OMT su volontari affetti da disfunzione somatica ha migliorato l’eccitabilità corticospinale prodotta dalla stimolazione magnetica transcranica (TMS).
Tuttavia, le evidenze del neuroimaging riguardo ai cambiamenti cerebrali indotti dall’OMT sono ancora scarse. Uno studio che ha valutato l’attività corticale cerebrale mediante elettroencefalografia dopo l’intervento osteopatico in ambito craniale ha mostrato un aumento della potenza assoluta del ritmo alfa (Miana et al., 2013), indicando così che l’OMT può indurre cambiamenti nell’attività neurale oscillatoria. L’ossigenazione dei tessuti cerebrali dopo l’OMT è stata valutata da Shi et al., che hanno evidenziato una progressiva riduzione della saturazione di ossigeno nei lobi prefrontali, bilateralmente (Shi et al., 2011). I cambiamenti nella perfusione cerebrale sono stati anche dimostrati in uno specifico studio basato sul tocco, che ha riscontrato effetti significativi sui modelli di connettività funzionale dei soggetti nelle aree corticali che elaborano il valore interocettivo e attenzionale del tocco [cioè l’insula e la corteccia cingolata posteriore (PCC)] (Cerritelli et al., 2017a) ma non sono stati osservati effetti dovuti all’OMT.
Sebbene la tomografia a emissione di positroni (PET) rappresenti il migliore standard per lo studio della perfusione cerebrale, l’etichettatura degli spin arteriosi (ASL) si effettua utilizzando un tracciante endogeno, evitando così i rischi associati ai traccianti radioattivi esogeni. Per misurare la perfusione cerebrale l’ASL utilizza il fluido arterioso marcato magneticamente e le variazioni nel suo decadimento. L’ASL è specifica per le variazioni intravascolari e può fornire una quantificazione assoluta dei valori di perfusione. Poiché ciò comporta la sottrazione accoppiata delle immagini di controllo e delle immagini marcate, la deriva dalla linea di base e gli artefatti da movimento non influiscono sull’ASL, rendendola adatta per gli studi ripetitivi a lungo termine o per quelli con variazioni a bassa frequenza (Detre e Wang, 2002). Le tecniche basate sull’ASL sono particolarmente appropriate per gli studi sulla fisiologia dell’attività neuronale, ogniqualvolta che sia previsto che l’effetto sulla perfusione sia indipendente e correlato all’azione.
Per questo motivo, ipotizziamo che usando una tecnica basata sull’ASL potremmo capire più a fondo quali sono i possibili effetti neurofisiologici dell’OMT in soggetti che non lamentano dolore. La nostra ipotesi è che l’OMT potrebbe indurre effetti sulla perfusione cerebrale attraverso una modulazione a livello del parasimpatico/simpatico. Mentre gli aspetti neurofisiologici di diversi tipi di tocco sono stati ampiamente indagati (Gay et al., 2014; McGlone et al., 2014; Lamm et al., 2015), l’effetto dell’OMT sulla perfusione cerebrale non è mai stato studiato. Pertanto, alla luce di quanto sopra, il presente studio si pone l’obiettivo di esplorare i potenziali cambiamenti indotti dall’OMT sulla perfusione cerebrale, misurando l’ASL in giovani volontari asintomatici.
MATERIALI E METODI
Dichiarazione etica
Il presente studio a singolo cieco, controllato e randomizzato, è stato approvato dal Comitato etico locale della Fondazione Santa Lucia con il numero di protocollo CE/PROG.625 ed è stato condotto in conformità con la Dichiarazione di Helsinki.
Soggetti
Tutti gli interventi sono stati somministrati presso l’ambulatorio della Fondazione Santa Lucia (Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico) fra il mese di settembre 2017 e il mese di giugno 2018. I partecipanti sono stati reclutati presso l’Università Tor Vergata di Roma. Il modulo di arruolamento spiegava che la partecipazione era volontaria, senza alcun incentivo per i partecipanti e assoggettata ai criteri di inclusione ed esclusione. Tutti i partecipanti interessati hanno ricevuto informazioni riguardo al progetto per telefono, poi hanno partecipato a un breve colloquio con un medico che non prendeva parte alle sessioni di intervento, per valutare l’eleggibilità in base ai criteri di inclusione ed esclusione (vedi oltre). Prima di partecipare, i volontari hanno firmato il modulo scritto per il consenso informato. Sono stati reclutati quarantaquattro volontari asintomatici, non fumatori e mai trattati in precedenza con l’osteopatia. Nessun soggetto aveva ricevuto alcun tipo di trattamento farmacologico nelle 4 settimane precedenti all’arruolamento né aveva lamentato dolore nei 6 mesi precedenti.
I criteri di inclusione erano: età compresa tra 18 e 40 anni e idoneità alla scansione MRI. I criteri di esclusione includevano: (i) deterioramento cognitivo, basato sul Mini Mental State Examination (MMSE) (Folstein et al., 1975) punteggio ≤ 24 secondo le norme per la popolazione italiana (Measso et al., 1993), e confermato da una valutazione neuropsicologica clinica più approfondita tramite la Mental Deterioration Battery (Carlesimo et al., 1996) e i criteri NINCDS-ADRDA per la demenza (McKhann et al., 2011); (ii) disturbi soggettivi relativi a difficoltà di memoria, o a qualsiasi altro deficit cognitivo, che interferisse o meno con le attività quotidiane; (iii) patologie gravi, ad esempio diabete (non stabilizzato), broncopneumopatia ostruttiva o asma; disturbi ematologici e oncologici; anemia perniciosa; patologie attive, clinicamente significative e instabili del sistema gastrointestinale, renale, epatico, endocrino o cardiovascolare; ipotiroidismo curato di recente; (iv) disturbi psichiatrici in atto o segnalati [valutati tramite SCID-II (First et al., 1997)] o neurologici (valutati tramite visita clinica di valutazione neurologica) (p. es., schizofrenia, disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, ictus, morbo di Parkinson, disturbo convulsivo, trauma cranico con perdita di coscienza e qualsiasi altro disturbo mentale o neurologico significativo); (v) anamnesi nota o sospetta di alcolismo o tossicodipendenza e abusi nel corso della vita; (vi) evidenze RM di anomalie parenchimali focali o malattie cerebro-vascolari: per ciascun partecipante, un neuroradiologo specializzato e un neuropsicologo esperto di neuroimaging hanno co-ispezionato tutte le sequenze cliniche di risonanza magnetica disponibili (ad es. le immagini ponderate in T1 e T2 e FLAIR) per garantire che i partecipanti fossero esenti da patologie cerebrali strutturali e lesioni vascolari (cioè FLAIR o iper-intensità ponderate in T2 e ipo-intensità ponderate in T1). Ai partecipanti è stato richiesto di evitare l’uso di farmaci contraccettivi, alcol, nicotina o l’abuso di altre sostanze per la durata dello studio.
Disegno sperimentale
I partecipanti sono stati ripartiti casualmente in due gruppi: il gruppo OMT (OMTg) e il gruppo placebo (Pg). La randomizzazione a blocchi è stata eseguita secondo un elenco generato dal computer. I partecipanti non erano a conoscenza del disegno dello studio né degli outcome, e nemmeno dell’assegnazione dei gruppi. La randomizzazione è stata eseguita da un ricercatore non coinvolto nelle sessioni d’intervento. Era l’unico responsabile del processo e addetto a memorizzare in modo sicuro l’elenco di randomizzazione.
Tutti i partecipanti hanno subito una sessione di risonanza magnetica prima dell’intervento (alla linea di base o in T0), immediatamente dopo (T1) e dopo 3 giorni (T2). Tra T0 e T1 ogni partecipante riceveva una singola sessione di 45 minuti di OMT oppure di trattamento manuale placebo.
La sessione dell’OMT veniva somministrata da due professioniste del settore sanitario che avevano completato un programma di formazione in osteopatia in linea con le Competenze chiave per l’osteopatia in Italia (Sciomachen et al., 2018) e con la Norma europea sulla prestazione sanitaria osteopatica.
Le disfunzioni somatiche venivano affrontate in base all’alterazione del tessuto, all’asimmetria, all’ampiezza del movimento e alla dolorabilità (TART) su cui si basavano la valutazione e l’intervento osteopatico (Educational Council on Osteopathic Principles [ECOP], 2011). Le disfunzioni somatiche venivano rilevate in tutto il corpo, quindi bilanciate una ad una per definire la primarietà del trattamento secondo i parametri TART. Per ogni partecipante, le osteopate utilizzavano la cartella SOAP (soggettivo, obiettivo, valutazione, piano) per l’osteopatia ambulatoriale. Le tecniche dell’OMT erano mirate a correggere le disfunzioni riscontrate durante l’esame obiettivo iniziale e includevano tecniche articolari e miofasciali, bilanciamento della tensione legamentosa, manipolazioni viscerali e osteopatia in ambito craniale (vedi Tabella Supplementare S1) (Magoun, 1976; Lay, 1997; Johnson e Kurtz, 2003; Sciomachen et al., 2018). Il trattamento manuale con placebo veniva eseguito dalle stesse osteopate e consisteva in un tocco passivo senza mobilizzazione articolare, in una sequenza protocollata (Noll et al., 2004). Le osteopate prendevano posizione in piedi accanto al lettino, toccavano la colonna vertebrale lombare e dorsale dei soggetti in posizione prona per 10 minuti, quindi, in posizione supina, toccavano per 10 minuti le spalle e le anche; infine venivano toccati per 5 minuti ciascuno il collo, lo sterno e il torace. Uno dei ricercatori ha addestrato specificamente le osteopate ad applicare il protocollo placebo.
Non sono stati segnalati effetti avversi per nessun partecipante.
Questionario di de-blinding
Dopo ogni sessione di trattamento, ai partecipanti è stato chiesto di compilare il questionario di de-blinding, somministrato da un solo psicologo qualificato esterno, che lavorava in cieco e non partecipava agli interventi. Il questionario consisteva in tre domande consecutive riguardanti la percezione dei soggetti rispetto al trattamento ricevuto. I soggetti inizialmente indicavano se, in base alla loro percezione, ritenevano di aver ricevuto il trattamento “OMT” oppure il “Placebo”, poi veniva loro chiesto di valutare quanto fossero sicuri della loro allocazione al gruppo, su una scala di valutazione numerica 0-10 (NRS) dove 0 rappresentava assoluta incertezza e 10 rappresentava assoluta certezza (Hrobjartsson, 2002; Chaibi et al., 2015). Infine, veniva chiesto di valutare l’utilità percepita del trattamento ricevuto, su una scala numerica da 0 a 10, dove 0 significava assolutamente inutile e 10 rappresentava estremamente utile.
Raccolta dei dati delle MRI
I dati sono stati registrati utilizzando uno scanner MRI Philips Achieva 3T, con una bobina di sola ricezione a 32 canali. Il flusso del sangue intero del cervello (CBF) è stato misurato usando lo spin arterioso pseudo-continuo (pcASL). Sono state acquisite sessanta coppie di immagini tag-control, con 29 sezioni assiali (risoluzione voxel 3 × 3 × 4.5 mm, matrice 80 × 80, con un intervallo tra le sezioni pari a 0,5 mm) (TR/TE = 4000/10 ms, durata della marcatura = 1650 ms e ritardo post-marcatura = 1525 ms). È stata acquisita una scansione singola separata EPI (M0) (TR = ∞) con gli stessi parametri per misurare la magnetizzazione di equilibrio del tessuto cerebrale ai fini della calibrazione. È stata anche registrata un’immagine strutturale del cervello intero ponderata in T1 ad alta risoluzione (1 × 1 × 1 mm voxel). È stato utilizzato un software interno per calcolare la differenza media delle serie temporali di coppie di perfusione tag-control (MCFLIRT (Jenkinson et al., 2002)). La conversione del CBF in ml/100 g/min è stata effettuata mediante la parte Oxford_asl del toolbox BASIL (Chappellet al., 2009) all’interno di FSL. I dati della perfusione sono stati trasformati inizialmente dallo spazio ASL allo spazio strutturale dei singoli soggetti utilizzando il FLIRT (strumento di registrazione lineare di FMRIB) e poi non linearmente in uno spazio standard (mappa standard MNI152 dell’Istituto Neurologico di Montreal) utilizzando il FNIRT (strumento di registrazione non lineare di FMRIB).
Analisi della potenza
Per determinare la dimensione del campione necessaria il t-test a due campioni, è stata condotta l’analisi della potenza usando G∗Power (Faul et al., 2007) secondo un precedente articolo di Shi et al. (2011), in cui le tecniche manipolative osteopatiche craniali di soppressione avevano determinato una riduzione significativa della saturazione di ossigeno nei tessuti cerebrali in entrambi i lobi prefrontali con una grande dimensione dell’effetto (Cohen’s d = −0.5). Impostando alfa a 0,05, la potenza a 0,80 e la d di Cohen a 0,55 (l’OMT nel nostro studio non era limitato all’osteopatia in ambito craniale) la dimensione desiderata del campione per la differenza tra 2 medie dipendenti è risultata essere di 22 soggetti in totale.
Analisi statistica
Le analisi statistiche sui dati demografici e clinici sono state eseguite utilizzando il programma SPSS 21.0 per Windows (SPSS Inc., USA). Il test chi-quadro e i t-test a due campioni (a due code) sono stati usati per confrontare le differenze tra i gruppi, rispettivamente per genere, età e istruzione.
Le analisi statistiche dei dati MRI in voxel sono state condotte utilizzando lo SPM12 (Statistical Parametric Mapping software).
Dopo la registrazione delle mappe CBF nello spazio standard comune del Montreal Neurological Institute (MNI), sono stati eseguiti i t-test a due campioni su tutto il cervello, espresse in voxel. È stata modellata l’interazione tra l’effetto del “dosaggio” del trattamento (T0, T1, T2) e l’effetto della “somministrazione” del trattamento (gruppo P o OMT). Le interazioni sono descritte dal paragone (OMT_T1 – OMT_T0) – (P_T1 – P_T0) per il confronto tra pre e post, da (OMT_T2 – OMT _T1) – (P_T2 – P_T1) per il confronto tra follow-up e post, da (OMT_T2 – OMT_T0) – (P_T2 – P_T0) per il confronto tra follow-up e pre, che rappresentano gli effetti del trattamento controllati rispettivamente secondo le scansioni alla linea di base e l’effetto nel tempo. Abbiamo anche calcolato la correlazione tra il numero di disfunzioni e le variazioni della perfusione cerebrale sia per il confronto (OMT_T1 – OMT_T0) – (P_T1 – P_T0) che per quello (OMT_T2 – OMT_T1) – (P_T2 – P_T1). I dati relativi al questionario di de-blinding sono stati calcolati in percentuale, come dati dicotomici “OMT” e “Placebo”; i risultati continui da 0 a 10 sulla scala NRS sono stati calcolati come media per ciascun gruppo di trattamento (p. es. OMTg e Pg).
RISULTATI
44 partecipanti sono stati esaminati per valutarne l’eleggibilità. In conformità con i criteri di inclusione/esclusione, sono stati arruolati 30 partecipanti, randomizzati nei gruppi OMTg e Pg (N = 15 partecipanti in ciascun gruppo). Non sono state rilevate differenze significative (p > 0,05) tra i gruppi in termini di età, genere e livello di istruzione. Le caratteristiche demografiche dei partecipanti sono riportate nella Tabella 1.
I dettagli dell’arruolamento sono riportati nel diagramma di flusso dello studio (Figura 1). Due partecipanti del gruppo Pg sono stati esclusi perché riferivano di percepire dolore durante l’acquisizione delle scansioni MRI in T0, mentre un partecipante dell’OMTg si è ritirato in T1 a causa di un’intolleranza alla MRI sviluppata dopo l’inizio dello studio. Al tempo T2 due partecipanti all’OMTg hanno abbandonato lo studio per un’improvvisa intolleranza alla MRI e un partecipante del Pg ha rinunciato per motivi personali. Per quanto concerne l’OMTg, la Tabella 2 e la Figura 2 riportano, rispettivamente, i dettagli della disfunzione trattata e un rapporto delle diverse tecniche utilizzate.
Sono state condotte analisi statistiche della MRI su 27 partecipanti (14 OMTg e 13 Pg) nel confronto tra T0 e T1, e su 24 partecipanti (12 OMTg e 12 Pg) nel confronto tra T1 e T2. I cambiamenti pre e post intervento nelle mappe di perfusione sono stati considerati statisticamente significativi con valori di p < 0,005, non corretti al livello del voxel, corrispondenti a una dimensione minima del cluster di 40 voxel. Il confronto (OMT_T1 – OMT_T0) – (P_T1 – P_T0) ha rivelato che la perfusione è diminuita in un cluster di 67 voxel all'interno della PCC sinistra [(x = −4, y = −46, z = 31) coordinate spaziali MNI] e in un gruppo di 47 voxel all'interno del lobulo parietale superiore sinistro (SPL) [(x = −14, y = 42, z = 52) coordinate spaziali MNI] (Figura 3). Al contrario, il confronto (OMT_T2 – OMT _T1) – (P_T2 – P_T1) il ha rilevato un aumento della perfusione in un cluster di 45 voxel all’interno della PCC destra [(x = 8, y = −30, z = 31) spazio MNI] (Figura 4). Secondo la nostra analisi, al tempo T2 non sono state osservate riduzioni della perfusione ematica. Abbiamo anche analizzato la perfusione cerebrale confrontando T2 rispetto a T0. Nessuna differenza è stata trovata nel confronto (OMT_T2 – OMT_T0) – (P_T2 – P_T0), perciò si può ipotizzare che l’aumento della perfusione facesse parte di una dinamica compensativa rispetto alla condizione di base.
Inoltre, per quanto riguarda la correlazione tra il numero di disfunzioni e le variazioni della perfusione cerebrale, non è emersa alcuna correlazione significativa né per il confronto (OMT_T1 – OMT_T0) – (P_T1 – P _T0) né per (OMT_T2 – OMT_T1) – (P_T2 – P _T1).
Per ciò che concerne il questionario di de-blinding, il 75% dell’OMTg e il 41,6% del Pg ritenevano di essere stati sottoposti all’OMT. La media delle valutazioni di entrambi i gruppi per quanto riguarda la certezza dell’allocazione al trattamento era 7,0 ± 1,6 e la media delle valutazioni sull’utilità del trattamento era 7,5± 2,6 per l’OMTg e 6,6 ±1,9 per il Pg.
DISCUSSIONE
Questo studio randomizzato controllato di neuroimaging ha valutato, per la prima volta, gli effetti immediati e di breve durata dell’OMT sulla perfusione cerebrale. Abbiamo osservato che l’OMT, ma non il trattamento con placebo, induceva cambiamenti nella perfusione cerebrale a riposo, misurata con ASL in giovani volontari asintomatici.
Nonostante le numerose evidenze secondo cui l’OMT può provocare cambiamenti nel funzionamento del sistema nervoso centrale, compresa l’eccitabilità dei riflessi, l’elaborazione corticale, nonché variazioni della plasticità cerebrale e della connettività funzionale (Haavik-Taylor e Murphy, 2007; Haavik e Murphy , 2011; Daligadu et al., 2013; Sparks et al., 2013; Gay et al., 2014; Niazi et al., 2015), la relazione tra OMT e il CBF è stata scarsamente studiata. Shi et al. (2011) hanno mostrato che specifici OMT in ambito craniale con tecniche di soppressione o CV-4 applicate a giovani adulti sani possono innescare in modo efficace e progressivo la risposta emodinamica cerebrale, diminuendo l’ossigenazione del tessuto cerebrale nella corteccia prefrontale sinistra e destra durante il trattamento. Inoltre, l’OMT craniale riduceva l’influsso simpatico cardiaco e migliorava la modulazione parasimpatica, come dedotto dall’analisi spettrale di potenza della variabilità nell’intervallo tra i battiti cardiaci (R-R), suggerendo così che l’OMT craniale potrebbe essere efficacemente applicato per modificare la saturazione di ossigeno nel tessuto cerebrale e la funzione autonoma cardiaca negli adulti sani (Shi et al., 2011). Inoltre, l’intervento OMT, come evidenziato dall’analisi della variabilità della frequenza cardiaca, può influire sull’attività del sistema nervoso autonomo aumentando la funzione parasimpatica e diminuendo la modulazione simpatica (Ruffini et al., 2015).
In linea con la nostra teoria, che ipotizzava un effetto OMT più ampio dal momento che in questo studio il trattamento non era limitato solo al campo craniale, abbiamo trovato risultati analoghi per quanto concerne la perfusione cerebrale a riposo, avvalorando così l’idea che gli interventi OMT su tutto il corpo possono modificare localmente l’attività vascolare (Ponzo et al., 2018). Il nostro intervento era finalizzato al trattamento delle disfunzioni somatiche tramite diverse tecniche osteopatiche (Educational Council on Osteopathic Principles [ECOP], 2011) in varie regioni del corpo (vedi Tabella 2 e Figura 2) per determinarne l’effetto sul CBF. Abbiamo ottenuto una riduzione della perfusione solo nell’OMTg all’interno della PCC sinistra e dell’SPL sinistro immediatamente dopo l’intervento OMT (Figura 3) e un miglioramento della perfusione nella PCC destra dopo 3 giorni come effetto a breve termine (Figura 4).
Inoltre, i risultati attuali supportano la teoria per cui esisterebbe un’interrelazione tra i modelli neurologici e biomeccanici della struttura-funzione osteopatica (Lay, 1997) infatti dimostrano che l’aspetto biomeccanico del trattamento OMT induce effetti neurofisiologici che presumibilmente determinano gli effetti positivi clinicamente significativi.
Il modello funzionale teorico alla base dell’OMT presuppone che esista un equilibrio dinamico tra il sistema nervoso parasimpatico e simpatico, mentre ipotizza un’influenza potenzialmente distruttiva della tensione biomeccanica su entrambi i sistemi e sul reciproco equilibrio dinamico (Donnerer, 1992). Gli stress o gli squilibri biomeccanici possono effettivamente influire sul funzionamento dinamico del corpo, aumentare il dispendio energetico durante l’attività, alterare la propriocezione e modificare le strutture articolari (Norre, 1995; Rimmer et al.,1995 ; Degenhardt e Kuchera, 1996). L’intervento OMT sulle funzioni alterate del sistema somatico (struttura del corpo) potrebbe stimolare l’attività simpatica, determinando così una cascata di eventi biologici e neurologici che modulano i meccanismi del sistema nervoso autonomo (D’Alessandro et al., 2016).
Nel nostro studio, una riduzione della perfusione cerebrale a riposo è stata osservata immediatamente dopo l’intervento OMT, in un cluster comprendente la PCC e l’SPL, mentre la perfusione della PCC è aumentata significativamente 3 giorni dopo l’OMT. Di importanza cruciale ai fini di quanto riscontrato nel presente studio, la PCC è un nodo critico della rete autonoma centrale [CAN; (Benarroch, 1993)] che controlla i motoneuroni pregangliari del simpatico e del parasimpatico, in particolare ai fini della funzione parasimpatica (Benarroch, 1993; Beissner et al., 2013; Kumral et al., 2018). Inoltre, la CAN sostiene le risposte visceromotorie e neuroendocrine fondamentali per il comportamento mirato allo scopo, per l’adattabilità e la salute (Benarroch, 1993; Hagemannetal., 2003).
Dato il ruolo cruciale della PCC nel contesto della CAN, ipotizziamo che il cambiamento osservato nella sua perfusione potrebbe indicare una modulazione simpatico-vagale con uno scostamento relativamente maggiore verso la predominanza simpatica (o vagale), come conseguenza dell’effetto OMT che ridurrebbe il tono simpatico. Questi risultati sono apparentemente in contrasto con studi precedenti che avevano riportato un aumento mediato dal vago degli indici di variabilità della frequenza cardiaca (HRV), durante o immediatamente dopo l’OMT. Queste differenze potrebbero essere attribuite a vari fattori. Innanzitutto, gli effetti sull’attività vagale potrebbero dipendere dalla tecnica osteopatica utilizzata (Henley et al., 2008). Gli studi precedenti si sono generalmente concentrati su un singolo tipo di tecnica, mentre nel presente studio abbiamo usato tecniche diverse per ogni OMT. Il rilascio miofasciale cervicale negli adulti sani di solito determina cambiamenti significativi nell’equilibrio simpatico-vagale, con uno scostamento dal sistema nervoso simpatico verso quello parasimpatico (Henley et al., 2008), inoltre la manipolazione della colonna cervicale superiore migliora moderatamente il controllo parasimpatico sulla frequenza cardiaca, il che induce a ipotizzare una maggiore predominanza del controllo vagale (Giles et al., 2013). A ciò si aggiunge che l’OMT induce un recupero più rapido della frequenza cardiaca e aumenta l’equilibrio simpatico dopo uno stress mentale acuto (Fornari et al., 2017). Viceversa, è stato dimostrato che le manipolazioni cervicali ad alta velocità e bassa ampiezza (HVLA) modificano l’equilibrio parasimpatico verso una maggiore predominanza dell’ortosimpatico (Budgell e Hirano, 2001; Budgell e Polus, 2006). Inoltre il rapporto tra l’OMT e il controllo vegetativo è stata precedentemente affrontata utilizzando diversi altri approcci, oltre all’HRV. Ad esempio, uno studio singolo ha analizzato in modo specifico l’effetto delle tecniche HVLA somministrate al livello del rachide dorsale sui diametri delle pupille, senza riscontrare alcun effetto dell’OMT sul sistema nervoso simpatico in soggetti con cervicalgia cronica. In un altro studio singolo (Shi et al., 2011) è stata utilizzata la saturazione sistemica di ossigeno nel sangue arterioso per misurare gli outcome, mostrando come la tecnica di soppressione craniale sia efficace nel ridurre progressivamente l’ossigenazione dei tessuti cerebrali.
Nel nostro studio abbiamo utilizzato la tecnica ASL, inoltre i meccanismi alla base del rapporto tra HRV e perfusione ematica cerebrale rimangono ancora una questione non risolta (Allen et al., 2015). Di conseguenza, non è facile inquadrare i nostri risultati alla luce degli studi precedenti. Allen et al. (2015) hanno evidenziato che la perfusione cerebrale nello stato di riposo in molte regioni del cervello, come la corteccia cingolata e prefrontale mediale, risultava correlata positivamente con la reattività vagale durante l’esecuzione di mansioni che richiedevano un’elaborazione sensoriale/motoria mentre era negativamente correlata con la funzione vagale a riposo. La nostra ipotesi è che la riduzione della perfusione nella PCC da noi osservata immediatamente dopo l’intervento OMT potrebbe indicare un effetto vasocostrittore conseguente alla risposta ortosimpatica iniziale. L’aumento della perfusione nella stessa area 3 giorni dopo l’intervento può essere indicativo di una ridotta inibizione adrenergica ortosimpatica e di una minore vasocostrizione adrenergica ortosimpatica delle arterie cerebrali, con conseguente maggiore perfusione cerebrale a riposo (Allen et al., 2015). Le modifiche del CBF in T2 suggeriscono che l’aumento della perfusione faceva parte di una dinamica compensatoria verso la condizione della linea di base, dimostrando un effetto reversibile dell’OMT rispetto al CBF.
Infatti, mentre la corteccia cingolata è una regione fondamentale per il riconoscimento delle emozioni e la percezione del dolore (Vogt, 2005), la PCC è considerata un pre-processore emozionale per valutare la rilevanza che il sé attribuisce a eventi e stimoli emozionali, in quanto la sua inattivazione funzionale potrebbe essere uno dei meccanismi per ridurre la percezione globale della stimolazione nocicettiva (Vogt, 2005). Anche se gli esatti meccanismi alla base dell’effetto dell’OMT nel nostro studio sono in gran parte ipotetici, possiamo anche supporre che le variazioni del CBF osservate nella PCC siano strettamente correlate al trattamento delle disfunzioni somatiche. Poiché la presenza di disfunzioni somatiche in soggetti asintomatici ha conseguenze biomeccaniche e neurologiche, come l’alterazione della trama dei tessuti e l’attivazione dei nocicettori che promuovono l’infiammazione dei tessuti (Fryer, 2016), potremmo ipotizzare che il trattamento delle disfunzioni somatiche possa essere responsabile di modifiche plastiche a livello centrale (Haavik Taylor e Murphy, 2007; Taylor e Murphy, 2010a, b), producendo così la variazione del CBF osservata all’interno della PCC.
La valutazione al tempo T1 ha rilevato una riduzione della perfusione anche nell’SPL, un’area principalmente coinvolta nelle funzioni visivo-motorie e nella cognizione spaziale, e specificamente implicata nell’elaborazione della configurazione spaziale del corpo (Wang et al., 2015). In particolare, l’SPL è correlato alla generazione e al mantenimento dell’immagine corporea (Wolpert et al., 1995) risultante dall’integrazione degli input visivi e propriocettivi utili per aggiornare dinamicamente l’immagine corporea rappresentata nell’SPL (Shimada et al., 2005). Tale immagine del sé corporeo facilita un senso di proprietà [vale a dire, la sensazione che un’immagine del nostro corpo ci appartenga a tutti gli effetti (Gallagher, 2000)], e un recente studio ha suggerito che anche la PCC sia coinvolta nel senso di appartenenza del corpo (Vogt, 2005), stabilendo così una relazione funzionale tra queste due regioni. Sulla base dei nostri risultati, possiamo solo ipotizzare che le afferenze somato-sensoriali dovute all’OMT portino a effetti transitori sull’integrazione degli input e sui processi di appartenenza del corpo che si rispecchiano in analoghi effetti di perfusione su entrambe le aree del SPL e della PCC. È possibile che una riorganizzazione iniziale dovuta all’OMT generi effetti immediati sull’immagine del sé e sul senso di proprietà del corpo, nonché effetti sul sistema simpatico, anche se sono stati osservati effetti a breve termine diversi nella perfusione cerebrale della PCC e dell’SPL. Probabilmente, gli effetti specifici dell’OMT sull’SPL sono transitori, per cui l’OMT influenzerebbe la rappresentazione mentale spaziale del corpo solo in modo transitorio, considerato che 3 giorni dopo il trattamento si osserva che il CBF nell’SPL ritorna al livello iniziale. Viceversa, gli effetti a breve termine sulla perfusione della PCC potrebbero sottolineare un influsso più prolungato sulla CAN, poiché l’aumento della perfusione in questa regione è perdurato nel tempo.
I risultati del questionario di de-blinding potrebbero supportare l’ipotesi di uno specifico effetto bottom-up dell’OMT rispetto all’intervento manuale di tipo placebo. Il 42% dei partecipanti del gruppo Pg riteneva di essere stato sottoposto a OMT, ed entrambi i gruppi erano sufficientemente sicuri dell’utilità del trattamento ricevuto. Facendo riferimento a uno studio precedente (Noll et al., 2004), il trattamento con placebo da noi adottato prevedeva un intervento manuale su tutto il corpo con la stessa durata dell’OMT e le osteopate che lo somministravano erano state appositamente addestrate per eseguire tale intervento manuale secondo la modalità placebo. Tuttavia, è necessario sviluppare linee guida per progettare un placebo più affidabile per gli studi clinici manuali, allo scopo di aumentare la validità interna e migliorare la validità esterna dei risultati (Cerritelli et al., 2016b) degli studi controllati con placebo.
In conclusione, nei giovani volontari asintomatici l’OMT genera un effetto significativo sulla perfusione della PCC, in particolare una riduzione del CBF immediatamente dopo la manipolazione, seguita da un aumento del CBF come effetto a breve termine. Questi effetti opposti possono essere correlati a una modulazione parasimpatica/simpatica indotta dall’OMT.
Anche se forniamo evidenze a sostegno degli effetti dell’OMT sul CBF, l’inclusione di giovani partecipanti volontari asintomatici può limitare le implicazioni dei risultati ottenuti nel presente studio riguardo alla relazione tra OMT e perfusione cerebrale. Risposte più evidenti all’intervento dell’OMT generale potrebbero essere suscitate nei partecipanti affetti da dolore, e ulteriori studi dovrebbero indagare se questi cambiamenti sono correlati con outcome clinici positivi, essendo quindi interpretabili come conseguenza della correzione di disfunzioni somatiche e attribuibili alla normalizzazione di input afferenti aberranti verso il sistema nervoso centrale. Tuttavia, questo è il primo studio in cui è stato eseguito un esame di follow-up 3 giorni dopo l’OMT, consentendo l’osservazione diretta degli effetti del trattamento a breve termine sul CBF in soggetti asintomatici e favorendo così l’ipotesi che il trattamento osteopatico abbia il potenziale per determinare effetti che perdurano oltre alla manipolazione stessa. In effetti, aver osservato cambiamenti di perfusione in un’area corticale coinvolta nell’equilibrio dinamico tra i sistemi simpatico e parasimpatico induce a ipotizzare un effetto correttivo dell’OMT sull’influsso negativo che le sollecitazioni biomeccaniche esercitano su tali sistemi. Sono in corso ulteriori studi per valutare i potenziali effetti dell’OMT sia sull’HRV che sul CBF, al fine di indagare più approfonditamente le conseguenze delle manipolazioni manuali.
Sarebbe inoltre interessante indagare l’effetto delle convinzioni personali sul CBF e presentare i questionari di de-blinding anche immediatamente dopo il trattamento con OMT o placebo, dato che nei tempi T1 e T2 le risposte al trattamento OMT per quanto concerne la perfusione cerebrale risultano opposte. Tuttavia, poiché la percezione dell’accecamento può cambiare durante lo studio, sarebbe importante accertare se i cambiamenti nella perfusione delle aree coinvolte nell’attenzione indirizzata internamente (come l’SPL) potrebbero essere ascrivibili ai cambiamenti soggettivamente attribuiti alla rilevanza e all’efficacia del trattamento ricevuto. Sono necessari ulteriori studi per chiarire questi aspetti.

Ulteriori informazioni

CONTRIBUTI DEGLI AUTORI
FT e MT hanno organizzato il database. FT, FaP e TG hanno eseguito l’analisi statistica. MT ha redatto la prima bozza del manoscritto. FT, FeP, FaP, BS e TG hanno scritto parti del manoscritto. Tutti gli autori hanno contribuito alla revisione del manoscritto, e hanno letto e approvato la versione presentata. Tutti gli autori hanno contribuito alla progettazione e al disegno dello studio.
RINGRAZIAMENTI
Ringraziamo Angela Gaeta e tutti i soggetti arruolati in questo studio per il loro contributo.
MATERIALE SUPPLEMENTARE
Il materiale supplementare relativo a questo articolo è reperibile online all’indirizzo: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fphys. 2019.00403/full#supplementary- material

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DICHIARAZIONE ETICA
Il presente studio a singolo cieco, controllato e randomizzato, è stato approvato dal Comitato etico locale della Fondazione Santa Lucia con il numero di protocollo CE/PROG.625 ed è stato condotto in conformità con la Dichiarazione di Helsinki.

Dichiarazione sul conflitto di interessi: gli autori dichiarano che la ricerca è stata condotta in assenza di relazioni commerciali o finanziarie che potrebbero essere interpretate come un potenziale conflitto di interessi.
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