Full Paper

Inferenza interocettiva attiva e il cervello emozionale

Active interoceptive inference and the emotional brain

Traduzione a cura di: Silvia Clara Tuscano
Autori:

Anil K. Seth 1 and Karl J. Friston 2

1 Sackler Centre for Consciousness Science, School of Engineering and Informatics, University of Sussex, Falmer, Brighton BN1 9QJ, UK

2 Wellcome Trust Centre for Neuroimaging, Institute of Neurology, UCL, London WC1N 3BG, UK

Giornale: Review article: The Royal Society
Abstract:

Esaminiamo un recente cambiamento nelle teorie sull’interocezione e il loro rapporto con l’inferenza gerarchica nel cervello. Secondo il concetto dell’inferenza interocettiva, gli stati corporei sono regolati da riflessi autonomi, che a loro volta dipendono dalle previsioni discendenti che provengono da profondi modelli generativi del nostro ambiente interno ed esterno. Questa ri-concettualizzazione chiarisce diversi aspetti delle neuroscienze, a livello cognitivo e clinico, con implicazioni per l’esperienza del sé e delle emozioni. Dapprima contestualizziamo l’interocezione in termini di inferenza attiva (bayesiana) nel cervello, evidenziando i suoi aspetti enattivi (embodied). Consideriamo quindi il ruolo chiave dell’incertezza o della precisione e come questo si può tradurre nella neuromodulazione. Successivamente, esaminiamo le relative implicazioni per comprendere l’anatomia funzionale del cervello emotivo, facendo riferimento alle recenti osservazioni sulla corteccia agranulare. Infine, affrontiamo alcune questioni teoriche, ovvero quale sia il ruolo dell’interocezione nel plasmare il senso del sé embodied e i sentimenti. Sottolineeremo qualche collegamento tra l’omeostasi fisiologica e l’allostasi, le prime idee cibernetiche riguardanti il controllo predittivo e i modelli generativi gerarchici nell’elaborazione predittiva. L’inferenza interocettiva può contribuire a spiegare un’ampia gamma di condizioni, dall’autismo alla depressione fino alla coscienza. Offriamo una breve panoramica di questi entusiasmanti sviluppi.

Quest’articolo appartiene alla serie ‘Interocezione oltre l’omeostasi: stato affettivo, cognizione e salute mentale’.

Articolo

1. Introduzione
Negli ultimi anni, all’interno della neuroscienza cognitiva è emerso un nuovo quadro teorico che offre concetti perfettamente adatti a parlare del corpo e della mente in termini di convinzioni riguardo al corpo (e a se stessi). Secondo questa visione, il cervello non è un complicato collegamento tra stimolo e risposta, bensì un organo statistico che genera attivamente delle spiegazioni per gli stimoli ricevuti – in termini di ipotesi da verificare rispetto all’evidenza sensoriale. Questa prospettiva può essere fatta risalire alle formulazioni helmholtziane dell’inferenza inconscia [1] Ancora più recentemente, queste idee sono state formalizzate ed estese all’inferenza bayesiana profonda o gerarchica – che riguarda le cause nascoste delle nostre sensazioni – e su come queste inferenze inducano convinzioni e comportamenti [2-7]. In questo contesto, termini come ‘spiegazioni’, ‘ipotesi’ e ‘convincimenti’ non dovrebbero essere interpretati come stati mentali consci, bensì come distribuzioni di probabilità codificate a livello neuronale (cioè convinzioni bayesiane) sulle cause nascoste dei segnali sensoriali. La codifica biofisica di queste ‘convinzioni’ si esprime, tecnicamente, in termini di statistiche sufficienti, come la media o l’aspettativa di una distribuzione.

Di recente i concetti del ‘cervello bayesiano’ sono stati applicati nel contesto dell’interocezione ( figura 1), che si riferisce alla percezione e all’integrazione dei segnali autonomi, ormonali, viscerali e immunologici [8,9] – o in parole povere alla percezione del corpo ‘dall’interno’. Secondo alcuni di questi punti di vista [7,10], l’esperienza emotiva e le esperienze del sé incarnato emergono dall’inferenza di tipo top-down tratta dalle cause (multimodali) delle afferenze interocettive, una generalizzazione delle cosiddette teorie a due fattori o valutative dell’emotività e della cognizione [11]. Una prima implicazione di queste ipotesi è che questi tipi di esperienza percettiva, così come le percezioni del mondo esterno, siano soggette a convinzioni (implicite e forse idiosincratiche). Oltre a ciò, il contesto dell’interocezione comporta ulteriori idee riguardo al modo di interpretare le relazioni tra corpo, mente e cervello. Secondo una di queste nuove idee, i modelli generativi dei segnali interocettivi sono tendenzialmente orientati verso il controllo o la regolazione di variabili fisiologiche, piuttosto che verso una rappresentazione accurata della reale situazione esistente al livello extra-cranico [7,12,13]. I due obiettivi restano strettamente interrelati, nella misura in cui una regolazione efficace dipende dallo sviluppo di modelli predittivi sufficientemente elaborati. Questa impostazione riconosce che le idee sul ‘cervello bayesiano’ abbiano origini alternative nella ‘cibernetica’ del XX secolo [14,15] e così facendo sottolinea la profonda connessione tra la vita e la mente, dove i processi cognitivi sono radicati in fondamentali imperativi evolutivi per mantenere l’omeostasi fisiologica [7,16]. Ne conseguono molte altre specifiche implicazioni, utili ad esempio per riformulare le basi funzionali di molti disturbi dell’emotività e dell’individualità.

Passiamo qui in rassegna questi appassionanti sviluppi. Per prima cosa, forniamo una breve introduzione al quadro di minimizzazione dell’errore di previsione nel cervello bayesiano, sottolineando i suoi aspetti embodied o enattivi. Questi aspetti appaiono soprattutto sotto forma di azioni che riducono l’errore di previsione (cioè l’inferenza attiva) ed enfatizzano il ruolo cruciale dell’incertezza o della precisione nel plasmare l’interazione tra convinzioni preesistenti ed evidenze sensoriali. La calibrazione di precisione dei segnali ricorrenti nelle gerarchie corticali è strettamente associata alla neuromodulazione, il che offre importanti indizi sulle origini evolutive di condizioni come l’autismo; è anche associata all’attenzione, e ciò suggerisce nuove interpretazioni riguardo all’espressione dei sintomi causati dall’attenzione aberrante per i segnali interocettivi.
Passando alla neuroanatomia funzionale, delineiamo l’architettura funzionale dell’inferenza interocettiva e analizziamo i recenti suggerimenti secondo cui le previsioni percettive avrebbero origine preferenzialmente nelle cortecce agranulari [9,17], pur riconoscendo che non sono state ancora scoperte evidenze empiriche dirette concernenti l’inferenza interocettiva. Ci occuperemo poi di alcune questioni teoriche, che collegano l’inferenza interocettiva attiva con le esperienze emozionali e del sé incarnato, evidenziando gli aspetti dell’inferenza interocettiva orientati al controllo o strumentali, che richiamano i concetti cibernetici della regolazione predittiva, del controllo allostatico e della teoria del controllo percettivo [7,13,18]. Concludiamo analizzando le implicazioni di queste idee per alcune condizioni cliniche che possono riflettere false inferenze interocettive, sia nella loro eziologia che nell’espressione dei sintomi. Mentre i disordini nell’elaborazione emozionale e l’esperienza interocettiva invitano naturalmente a trovare spiegazioni in termini di un’anomalia nell’inferenza interocettiva, sottolineiamo anche come questa prospettiva possa chiarire altre condizioni e sintomi tra cui l’autismo, la fatica cronica e la depressione.

2. La codifica predittiva nel cervello bayesiano
Le attuali formulazioni dei concetti di Helmholtz sono le metafore oggi più usate per spiegare l’elaborazione neuronale e sono generalmente definite, nell’ambito dell’ipotesi del cervello bayesiano, con il termine di codifica predittiva [6,19 – 21]. La codifica predittiva è una teoria dei processi con una base storica biologicamente plausibile e una notevole quantità di supporto empirico [21,22]. (Si rimanda a [23] per una revisione dei microcircuiti canonici e della codifica predittiva nella percezione, a [17,24] per l’applicazione di queste stesse idee al controllo motorio, e a [25] per le evidenze della segnalazione in feed-forward e in feed-back trasportata da bande di frequenza distinte).

Secondo questi modelli, le rappresentazioni neuronali ai livelli più alti o più bassi delle gerarchie neuronali generano previsioni per le rappresentazioni ai livelli inferiori. Queste previsioni discendenti vengono confrontate con le rappresentazioni di livello inferiore per generare un errore di previsione (normalmente associato all’attività delle cellule piramidali superficiali). Questo segnale di disallineamento o mancata corrispondenza risale lungo la gerarchia, per aggiornare le rappresentazioni a livelli più elevati (di solito associate all’attività delle cellule piramidali profonde). Lo scambio ricorrente di segnali tra livelli gerarchici adiacenti risolve l’errore di previsione ad ogni singolo livello, consentendo una spiegazione gerarchicamente profonda degli input sensoriali. In termini computazionali, si presume che l’attività delle popolazioni neuronali codifichi convinzioni bayesiane o distribuzioni di probabilità sugli stati del mondo che causano le sensazioni (ad esempio, le mie rappresentazioni visive sono causate da un volto – vedi figure 2 e 3). La codifica più semplice corrisponde a rappresentare la convinzione con il valore atteso (media) di una causa (nascosta) o di un’aspettativa. Queste cause sono indicate come nascoste perché devono essere dedotte dalle loro conseguenze sensoriali. In altre parole, non possono mai essere osservate direttamente e restano nascoste per sempre dietro un velo sensoriale.

In breve, la codifica predittiva rappresenta uno schema biologicamente plausibile per l’aggiornamento delle convinzioni riguardanti il mondo, basato su campioni sensoriali ( figura 2). In questo contesto, la neuroanatomia e la neurofisiologia possono essere considerate come distillati di una struttura statistica o causale esistente nell’ambiente, che viene rivelata da campioni sensoriali. La risultante anatomia delle connessioni e la relativa fisiologia forniscono un modello generativo – che genera previsioni di sensazioni che possono essere confrontate con campioni sensoriali reali. Stanno attualmente emergendo prove empiriche che dimostrano come le aspettative preesistenti modellino le caratteristiche comportamentali e neuronali della percezione, con esempi eccellenti forniti dai recenti studi sulla visione [30 – 32] e sull’udito [33]. Più in generale, questa visione della percezione enfatizza la ‘parte dell’osservatore’. Vedi anche la figura 3:
L’intuizione che la percezione dell’osservatore comporti un’inferenza top-down ha convinto [lo storico dell’arte Ernst] Gombrich che non esiste un ‘occhio innocente’: cioè, tutta la percezione visiva si basa sulla classificazione dei concetti e sull’interpretazione delle informazioni visive. Non si può percepire ciò che non si può classificare. [28, p. 287]

(a) Inferenza (attiva) embodied e calibrazione di precisione
Ci sono due modalità principali con cui gli errori di previsione possono essere contenuti: il primo è aggiornando le previsioni per renderle più simili alle aspettative ai livelli più bassi (e alle sensazioni) attualmente in gioco. Questo processo corrisponde alla percezione, come implementato nella codifica predittiva. Il secondo modo per risolvere gli errori di previsione è modificare i campioni sensoriali per renderli più simili alle previsioni. Ciò comporta un campionamento attivo del sensorio attraverso una ridistribuzione delle superfici sensoriali: ad esempio ricerche oculari saccadiche o altre palpitazioni sensoriali. Posizionare la codifica predittiva in un quadro embodied o enattivo in cui tanto l’azione quanto la percezione contribuiscono a minimizzare lo stesso errore di previsione è un processo noto come inferenza attiva [34]. Per apprezzare pienamente la natura bilaterale dell’inferenza attiva, si deve considerare il contesto incarnato in cui le previsioni vengono fatte (e soddisfatte). Queste previsioni non riguardano solo il mondo, ma anche il corpo. In breve, la percezione può essere intesa come una risoluzione degli errori di previsione (esterocettiva) realizzata selezionando le previsioni che meglio spiegano le sensazioni, mentre il comportamento sopprime l’errore di previsione (propriocettiva) cambiando le sensazioni (propriocettive). Questa soppressione si basa sui riflessi classici, i cui punti di equilibrio sono stabiliti da previsioni propriocettive discendenti [24]. Ad esempio, un movimento previsto può essere evitato semplicemente pronosticando le conseguenze propriocettive di una particolare traiettoria di movimento, che sarà messo in atto dai riflessi periferici. Si noti che sono solo gli errori di previsione propriocettiva a essere ridotti al minimo (a livello del midollo spinale); tuttavia, con un buon modello generativo, questi movimenti soddisferanno anche le previsioni visive e le altre previsioni esterocettive (es. somatosensoriali). Ciò avviene perché le previsioni discendenti (multimodali) derivano da un modello generativo profondo che assimila efficacemente gli errori di previsione da tutte le modalità – compresa l’interocezione. In questo contesto, un aspetto importante e talvolta trascurato dell’inferenza attiva è il fatto che implica un aspetto controfattuale o condizionale. Cioè, affinché un’azione possa ridurre con successo un errore di previsione, il cervello deve rappresentare non solo le cause nascoste dei segnali sensoriali attuali, ma deve anche usare queste rappresentazioni per prevedere come i segnali sensoriali cambierebbero in conseguenza di specifiche azioni [35]. È interessante ricordare l’ipotesi secondo cui tali aspetti controfattuali della previsione percettiva potrebbero essere alla base delle proprietà fondamentali dell’esperienza percettiva, come la ‘presenza’ o l”oggettività’ [36].

Per fare in modo che le previsioni sulle conseguenze dell’azione siano soddisfatte, dobbiamo ridurre gli errori di previsione propriocettiva – che altrimenti fornirebbero prove inequivocabili che non stiamo, di fatto, agendo. Questa attenuazione si basa sulla riduzione della precisione degli errori di previsione propriocettiva.
La precisione può essere considerata come una misura della discrepanza segnale-rumore o della confidenza. Matematicamente, la precisione è la varianza inversa o l’affidabilità di un segnale. Stimare la precisione coinvolge un aspetto fondamentale dell’inferenza, cioè la codifica della precisione o dell’incertezza prevista [37 – 39]. In altri termini dobbiamo inferire sia la causa delle nostre sensazioni che il contesto, nei termini della precisione (prevista o soggettiva) dell’evidenza sensoriale. Questo rappresenta un problema sottile ma onnipresente per il cervello, e la sua soluzione si basa sulla modulazione del guadagno o dell’eccitabilità delle popolazioni neuronali che riferiscono l’errore di previsione [21,40,41].
Dal punto di vista euristico, gli errori di previsione ascendente nelle gerarchie corticali possono essere considerati come informazioni ‘degne di attenzione’ che non possono essere spiegate dalle previsioni discendenti. Tuttavia, il cervello deve anche selezionare gli errori di previsione dei quali deve occuparsi. Può farlo regolando il loro volume o guadagno. Quegli errori di previsione ai quali è stata assegnati un’alta precisione, quindi, avranno un accesso privilegiato agli alti livelli della gerarchia e potranno quindi aggiornare le aspettative di alto livello.
Le evidenze empiriche suggeriscono che questa calibrazione di precisione sia un processo computazionale generico che coinvolge tutto il cervello [39] e può essere controllato attraverso meccanismi neuromodulatori di controllo del guadagno a livello sinaptico [42]. Il conseguente controllo del guadagno neuromodulatorio corrisponde a una codifica di precisione (Bayes-ottimale) in termini di eccitabilità delle popolazioni neuronali che segnalano errori di previsione. Ciò può spiegare come mai le cellule piramidali superficiali sono dotate di un numero così elevato di meccanismi di controllo del guadagno sinaptico, come i recettori NMDA e i classici recettori neuromodulatori come i recettori D1 della dopamina [43 – 46]. Inoltre, colloca l’equilibrio di eccitazione-inibizione in una posizione perfetta per mediare le convinzioni bayesiane in aggiornamento all’interno e tra i livelli gerarchici [47]. Questo aspetto contestuale della codifica predittiva è stato associato al controllo del guadagno attentivo nell’elaborazione sensoriale [40,48] ed è stato discusso in termini di affordance nell’impostazione della selezione dell’azione [49 – 51]. Fondamentalmente, il delicato l’equilibrio di precisione ai vari livelli gerarchici può avere un profondo effetto sull’inferenza e può essere alla base di falsi convincimenti nella psicopatologia [52].

3. Inferenza interocettiva
Le sfide cruciali per chi cerca di trovare giustificazioni formali alla funzione cerebrale sono l’emozione, l’auto-consapevolezza e i relativi disturbi. Recentemente, le persone hanno iniziato a interpretare l’elaborazione emotiva in termini di codifica o di inferenza predittiva sugli stati interocettivi o corporei [9,10,53,54]. Il ragionamento fondamentale abbraccia la sopra descritta spiegazione per l’azione, in base alla quale i riflessi motori sono guidati da errori di previsione propriocettiva. Gli errori di previsione propriocettiva confrontano le afferenze primarie dei recettori dell’allungamento con le previsioni propriocettive che discendono verso i motoneuroni alfa nel midollo spinale e nei nuclei dei nervi cranici. Questo sostituisce efficacemente i comandi motori discendenti con le previsioni propriocettive, che vengono soddisfatte dai riflessi periferici [24]. Queste previsioni si basano su una profonda inferenza gerarchica riguardo agli stati del mondo, incluso il nostro stesso corpo. Sostituendo i segnali propriocettivi con i segnali interocettivi, emerge come i riflessi neurovegetativi possano trascrivere le previsioni discendenti nell’omeostasi fisiologica (ad es. pressione sanguigna, glicemia, ecc.). È importante sottolineare che le previsioni interocettive costituiscono soltanto uno dei flussi di previsioni multimodali generate dalle aspettative riguardo al sé incarnato. Da questo punto di vista, i segnali interocettivi non causano la consapevolezza emotiva, né viceversa. Invece, c’è una causalità circolare, in cui le previsioni codificate a livello neuronale riguardo agli stati corporei attivano i riflessi neurovegetativi attraverso l’inferenza attiva (vedi sotto), mentre i segnali interocettivi informano e aggiornano queste previsioni. L’emozione o il contenuto affettivo diventa quindi un attributo di qualsiasi rappresentazione che genera previsioni interocettive – laddove l’interocezione è necessariamente contestualizzata da concomitanti indizi esterocettivi e propriocettivi (figura 1).

Un modo utile di visualizzare l’inferenza interocettiva è inquadrarla in un approccio alle emozioni fisiologico generalizzante (James–Lange) e a due fattori o di valutazione (es. [11]) . Queste formulazioni considerano l’esperienza emotiva come derivante dalla percezione cognitivamente contestualizzata dei cambiamenti nello stato corporeo. L’inferenza interocettiva estende queste idee iniziali, fino a incorporarvi una gerarchia armoniosa di previsioni (calibrate con precisione) e di errori di previsione, senza postulare alcuna distinzione che separa nettamente l’elaborazione cognitiva da quella non cognitiva. Per analogia con gli approcci di codifica predittivi nel campo della percezione visiva, proponiamo che il contenuto emotivo sia determinato da convinzioni (cioè aspettative a posteriori) riguardo alle cause dei segnali interocettivi, attraverso più livelli gerarchici. Una sfida importante in questo contesto è quella di identificare quali aspetti dell’inferenza supportano un’esperienza emotiva specificamente cosciente, laddove il veicolo preferito sono le previsioni (anziché gli errori di previsione) [32]. Si è tentati di ipotizzare che le aspettative profonde ai livelli più alti della gerarchia neuronale siano i candidati per – o siano correlati a – l’esperienza cosciente, in gran parte perché le loro previsioni sono di dominio generale e possono quindi essere articolate (attraverso riflessi motori o neurovegetativi).

Di cruciale importanza è il fatto che l’inferenza interocettiva aggiunge alla “teoria della valutazione” il concetto di inferenza attiva, mediante la quale le previsioni interocettive possono modulare l’omeostasi fisiologica arruolando i riflessi neurovegetativi [10,13]. Più specificamente, le previsioni discendenti forniscono un punto di riferimento (setpoint) omeostatico rispetto al quale poter confrontare le afferenze primarie (interocettive). L’errore di previsione risultante, quindi, guida i sistemi effettori simpatici o parasimpatici, per garantire l’omeostasi o l’allostasi, ad esempio, la vasodilatazione del muscolo liscio messa in atto dal simpatico come risposta riflessa alle prevedibili conseguenze interocettive di ‘arrossire con imbarazzo’. Questa interpretazione dei riflessi neurovegetativi rispecchia esattamente l’interpretazione dell’inferenza attiva dei riflessi motori, che consente la contrazione del muscolo striato in quanto prescritta o arruolata da punti di equilibrio determinati dalle proiezioni discendenti verso i motoneuroni alfa del midollo spinale [24].

L’inferenza attiva evidenzia un cambio di paradigma, per cui si passa dall’interpretare i modelli predittivi come sottesi alla percezione delle cause nascoste dei dati sensoriali, a reputarli come partecipi al controllo o alla regolazione di queste cause [7]. È importante sottolineare che tanto la percezione (predittiva) quanto la regolazione (predittiva) possono implicare un’azione, come enfatizzato dalla distinzione tra l’inferenza attiva epistemica e strumentale [7,12]. L’idea fondamentale è che l’inferenza epistemica (attiva) implichi la selezione di azioni che noi prevediamo aumentino la corrispondenza tra i modelli predittivi e le cause nascoste dei segnali sensoriali. Questa forma di inferenza può caratterizzare, per esempio, movimenti oculari saccadici [35] o i movimenti corporei esplorativi per informare gli auto-modelli [55]. L’inferenza strumentale attiva, d’altro canto, sfrutta i modelli predittivi per ottenere il controllo delle variabili sensoriali. Questa prospettiva è stata applicata all’esterocezione sotto forma della ‘teoria del controllo percettivo’ [18] secondo la quale ‘i sistemi di controllo controllano ciò che percepiscono, non ciò che fanno’ (corsivo nell’originale). Tuttavia, l’inferenza strumentale, od orientata al controllo, è tuttavia particolarmente rilevante ai fini dell’interocezione, nella quale il mantenimento delle variabili fisiologiche all’interno delle gamme omeostaticamente corrette è fondamentale per la sopravvivenza di organismo. In questo contesto, le ‘azioni’ interocettive esplorative o epistemiche possono risultare meno evidenti, in quanto possono rivelarsi più costose: non ha senso aumentare la pressione sanguigna a livelli fisiologicamente pericolosi solo per vedere se può ritornare normale. L’associazione dei modelli predittivi con il controllo delle variabili sensoriali richiama il punto di vista cibernetico, secondo cui ‘ogni buon regolatore di un sistema deve essere un modello di quel sistema’ [14, p. 89], inoltre la distinzione tra le azioni strumentali e quelle epistemiche evidenzia gli aspetti controfattuali dell’inferenza attiva, dove le potenziali azioni sono associate alle loro probabili conseguenze sensoriali [7,35,36].

In termini di codifica predittiva, l’equilibrio tra i riflessi omeostatici e il comportamento allostatico più orientato all’obiettivo si basa sulla fiducia (cioè sulla precisione) riposta nelle più profonde aspettative riguardo a come ci comporteremo. Ad esempio, l’ipoglicemia potrebbe indurre previsioni di basso livello che mobilizzano le riserve di glucosio (attraverso i riflessi neurovegetativi guidati da precisi errori di previsione interocettiva). In alternativa, se riusciamo ad attenuare la precisione dell’interocezione di basso livello, allora possono essere soddisfatte le previsioni propriocettive che precludono le risposte omeostatiche specifiche del dominio e coinvolgono il comportamento allostatico, per esempio quando si deve preparare un pasto e consumarlo.

Fino ad ora, mancano ancora evidenze empiriche univoche a favore (o contro) le previsioni interocettive o gli errori di previsione. Mentre disponiamo di ampie evidenze circostanziali che si integrano in modo soddisfacente con questo inquadramento (vedi [9,10,54,56], per alcune revisioni), i principi dell’inferenza interocettiva poggiano principalmente sull’idea che l’inferenza percettiva – sia che riguardi il mondo circostante che il corpo – utilizzi probabilmente un’architettura computazionale comune. Da questo punto di vista, inoltre, le proprietà neuroanatomiche delle regioni cerebrali coinvolte nell’elaborazione interocettiva possono essere interpretate in modo informativo, come descriveremo successivamente.

(a) Neuroanatomia funzionale dell’inferenza interocettiva
Per poter tradurre il meccanismo computazionale dell’inferenza interocettiva in una più profonda comprensione della funzione cerebrale è necessario mappare i suoi elementi computazionali su substrati neuroanatomici. Numerose recenti ipotesi suggeriscono varie caratteristiche convergenti [9,10,13]. La prima è il fatto che le cosiddette aree viscero-motorie (VMA), come la corteccia anteriore dell’insula (AIC), la corteccia cingolata anteriore (ACC), la corteccia subgenuale (SGC) e forse anche la corteccia orbitofrontale (OFC) sono situate alla sommità di una gerarchia interocettiva. La seconda è il fatto che queste regioni incarnano collettivamente un modello generativo di risposte interocettive e formulano previsioni che, quando vengono disassemblate ai livelli gerarchici più bassi, fungono da setpoint omoeostatici. È noto che queste VMA ricevono proiezioni ascendenti dalle aree viscerosensoriali (p.es. insula posteriore e media) e che le loro connessioni discendenti colpiscono una serie di bersagli subcorticali, del tronco encefalico e del midollo spinale coinvolti nel controllo visceromotorio, come il grigio periacqueduttale (PAG) e il nucleo parabrachiale (PBN) [8,57 – 59]. Anche le efferenze visceromotorie innervano direttamente le aree viscerosensoriali, fornendo potenzialmente una forma di copia efferente o di scarica corollaria (cioè previsioni discendenti) che consente la formazione di errori di previsione interocettiva (ascendente). Come i modelli di connettività anatomica già noti, anche questa architettura fondamentale poggia su osservazioni citoarchitettoniche, in base alle quali le VMA sarebbero prive di uno strato IV (granulare) ben formato, come bersaglio per gli errori di previsione ascendenti [9]. Si ritiene che tali regioni corticali agranulari siano ben equipaggiate per l’erogazione di previsioni, sia nei domini interocettivi [9] che in quelli motori [17]. La figura 4 mostra un disegno schematico di un tipo di anatomia funzionale implicita nell’inferenza interocettiva (che viene trattata più oltre nel contesto dell’autismo).

(b) Inferenza interocettiva e individualità incarnata
Dopo aver descritto l’architettura computazionale dell’inferenza interocettiva e la sua potenziale neuroanatomia funzionale, siamo ora nella posizione di esplorare in quale modo questo inquadramento può gettare luce su altre questioni teoriche riguardanti la natura e l’esperienza dell’individualità. Nella vita di tutti i giorni, sperimentiamo la nostra ‘individualità’ come continua e integrata. Sebbene sperimentare un ‘sé’ di questo tipo possa avere una funzione adattativa, sarebbe un errore presupporre su questa sola base che, sotteso a queste esperienze, esiste un qualcosa come un auto-processo unitario. Le condizioni cliniche e le manipolazioni sperimentali illustrano ampiamente come le esperienze dell’individualità si manifestino in molti livelli descrittivi parzialmente indipendenti e parzialmente sovrapposti; livelli che possono essere disassemblati in laboratorio o che possono andare in pezzi in presenza di patologie psichiatriche o neurologiche. Una semplice classificazione, da livelli ‘bassi’ a ‘alti’, comprenderebbe l’intera gamma di esperienze di essere e avere un corpo [10,60,61], l’esperienza di percepire il mondo da un particolare punto di vista (una prospettiva in prima persona, vedi [62,63]), fino alle esperienze dell’intenzione e dell’azione [64,65] e, ai livelli più alti, all’esperienza di essere un continuo sé nel corso del tempo (un io ‘narrativo’ o ‘io’ che dipende dalla memoria autobiografica episodica, vedi [66]) e infine, un sé sociale, in cui viene plasmata la mia esperienza di essere ‘me’ in base a come percepisco le percezioni che gli altri hanno di me [67]. In questa ipotetica classificazione, l’interocezione svolge un ruolo cruciale nella strutturazione delle esperienze di ‘essere e avere un corpo’ (vale a dire il sé incarnato) e può anche modellare il sé ad altri livelli, gerarchicamente più alti.
Si stanno accumulando evidenze a dimostrazione del fatto che l’interocezione svolge un ruolo cruciale nel plasmare le esperienze di possesso del corpo. Le illusioni di possesso del corpo, come l’illusione della mano di gomma e la cosiddetta illusione del ‘corpo intero’ (full body), che normalmente vengono indotte tramite un’errata congruenza tattile-visiva, possono anche essere indotta da un feedback ‘cardio-visivo’ nel momento in cui un corpo virtuale (o una parte del corpo) lampeggia in sincrono con il battito cardiaco di un soggetto [68,69]. Recenti ampliamenti di questi studi hanno anche dimostrato che il feedback visivo dei modelli respiratori può avere un effetto analogo [70], suffragando l’idea che l’interocezione eserciti un influsso multimodale sul sé incarnato. I modi in cui le previsioni interocettive e gli errori di previsione modellano i livelli ‘più alti’ del sé rimangono interessanti aree di indagine [71]. Come discusso di seguito, molte attuali evidenze in queste aree emergono dagli studi sulle anomalie dell’esperienza dell’individualità.

4. Individualità e psicopatologia
In via molto generale, la teoria del processo (di codifica predittiva) che abbiamo delineato sopra riguardo all’inferenza attiva si riferisce ai meccanismi sinaptici che potrebbero essere alla base di false inferenze in condizioni psichiatriche: in breve, i vincoli formali impliciti nella codifica predittiva richiedono un controllo di guadagno modulatorio sugli errori di previsione ascendenti. Un recente articolo [72] esemplifica in che modo si possano comprendere i sintomi funzionali (isterici) come una falsa inferenza riguardo alle cause di sensazioni o movimenti anomali, o della loro assenza. Questo esempio offre una semplice spiegazione (neurofisiologica) della sintomatologia che è altrimenti piuttosto difficile da diagnosticare o formulare. Questo tema sta emergendo sempre più spesso in psichiatria: dalla falsa inferenza in quanto giustificazione di sintomi positivi (allucinazioni e illusioni) nella schizofrenia [73], alla perdita della coerenza centrale nell’autismo [74]. Inoltre, è molto interessante sottolineare che lo stesso ruolo per la calibrazione di precisione degli errori di previsione emerge da diversi trattamenti teorici di apprendimento e inferenza nel cervello – ivi inclusa la codifica predittiva nella visione [20], i resoconti a energia libera di percezione e comportamento [4] e i modelli gerarchici di apprendimento bayesiano [75].

(a) Autismo e inferenza interocettiva
Forse il miglior esempio di applicazione dei concetti relativi all’inferenza interocettiva per la comprensione dei disordini dell’individualità può essere trovato nella ricerca sull’autismo. Recentemente, gran parte della fenomenologia dell’autismo è stata espressa in termini di falsa inferenza, che deriva da una perdita di precisione precedente, relativa alla precisione sensoriale [74,76,77]. Tuttavia, nell’autismo le conseguenze dell’aumento della precisione sensoriale (o l’impossibilità di un’attenuazione) vengono anche considerate in un contesto di sviluppo, in cui occorre fare aggiustamenti in conseguenza dell’acquisizione o dell’apprendimento di profondi modelli generativi. Ciò è particolarmente interessante in relazione all’inferenza interocettiva, perché riguarda l’acquisizione dei modelli generativi che permettono di distinguere il sé dall’altro.

Una delle linee di pensiero in questo campo argomenta che l’incapacità di contestualizzare gli stimoli interocettivi suscitati dalle interazioni con la madre, preclude una corretta attribuzione dell’agente alle conseguenze interocettive delle interazioni prosociali [78]. In sostanza, l’idea è che l’incapacità di attenuare la precisione degli errori di previsione interocettiva non solo renderebbe i bambini autistici eccessivamente sensibili agli stimoli interocettivi (cioè ipersensibilità neurovegetativa) ma avrebbe profonde implicazioni sul senso di sé rispetto agli altri. Ciò deriva dall’incapacità di ignorare l’assenza di segnali interocettivi associati all’accudimento (p.es. l’allattamento al seno) durante le interazioni affiliative con la madre o altre figure. In breve, il bambino autistico non potrebbe mai imparare che la madre o la persona che lo nutrono sono la stessa causa nascosta o oggetto esterno [78] ( figura 4). Questo ha diverse implicazioni interessanti per quanto concerne l’attaccamento, la teoria della mente e la mancanza di coerenza centrale che caratterizza il disturbo nella vita successiva [79]. Fornisce anche un’interessante spiegazione per l’ipersensibilità interocettiva (cfr. ecoprassia emozionale) nell’autismo e l’incapacità di interagire con spunti prosociali (esterocettivi) [80]. Se questa spiegazione è corretta, fornisce una chiara indicazione riguardo alle anomalie del controllo (di precisione) del guadagno nei sistemi corticali mediando l’inferenza interocettiva, come la corteccia anteriore insulare e cingolata [54,81].
È probabile che le potenziali anomalie interocettive nell’autismo non risiedano a nessun livello specifico della gerarchia interocettiva. In un recente studio, un confronto tra gli individui autistici e i controlli ha rilevato che l’autismo era associato a (i) sensibilità interocettiva oggettiva ridotta, quantificata usando mansioni standard di rilevazione del battito cardiaco e (ii) una maggiore sensibilità interocettiva di tratto, misurata usando questionari soggettivi, in confronto ai controlli [82]. Questi risultati possono essere interpretati in termini di un aumento ‘dell’errore di previsione interocettiva di tratto’ (ITPE) nell’autismo; cioè un maggiore disallineamento tra le aspettative soggettive riguardo all’accuratezza interocettiva e la sensitività interocettiva oggettiva. È interessante notare che, sia per gli individui autistici che per i controlli, l’entità dell’ITPE era correlata all’ansia auto-riferita, quasi a richiamare l’ipotesi di Paulus & Stein [83] secondo i quali l’ansia sarebbe associata a un errore di previsione interocettiva (sebbene non in un quadro bayesiano). Una complicazione che può influire su quest’interpretazione è che l’autismo spesso è compresente con l’alessitimia (difficoltà nell’identificare e descrivere le proprie emozioni); uno studio recente ha rilevato che l’interocezione atipica era associata con l’alessitimia ma non con l’autismo, sebbene questo studio non abbia considerato specificamente l’ITPE [84]. Più in generale, la natura eterogenea dell’autismo può escludere singole spiegazioni del processo e può essere alla base di evidenti incongruenze negli attuali dati empirici (ad esempio un altro studio recente [85] trovato una diminuzione e non un aumento nella consapevolezza soggettiva del corpo nell’autismo).

(b) Depressione e fatica cronica
Al di là dell’autismo, l’inferenza interocettiva sta emergendo come un potente quadro interpretativo, all’interno del quale comprendere la depressione, la fatica cronica e le reciproche interazioni. La depressione esercita un profondo impatto sulla qualità della vita e comporta un costo socio-economico molto elevato. La fatica cronica è un sintomo preminente in una varietà di disturbi e impone anch’essa un alto tributo sulla qualità e produttività della vita. Mentre depressione e fatica cronica riguardano una vasta gamma di aspetti cognitivi, comportamentali e fisiologici, alcune ipotesi recenti sebbene ancora speculative hanno ipotizzato che la loro eziologia sia legata ad anomalie dell’interocezione.
In una versione di questa teoria, le alterazioni periferiche endocrine e immunologiche associate o precedenti all’insorgenza della depressione inducono la comparsa di afferenze interocettive persistentemente imprecise (‘rumorose’) [9,86]. Ciò a sua volta comporta una riduzione della calibrazione di precisione (cioè un’attenzione ridotta) verso i segnali interocettivi ascendenti e di conseguenza a un maggiore affidamento su dati interocettivi preesistenti per il mantenimento dell’omoeostasi fisiologica. Considerato che le previsioni interocettive vengono tradotte in set-point omeostatici, questo processo potrebbe creare un ciclo di feed-back positivo, per cui un maggiore affidamento sulle previsioni preesistenti genera errori di previsione interocettivi sempre più ampi e inaffidabili, che a loro volta aumentano la dipendenza dalle previsioni interocettive che a questo punto sono disfunzionali. A un certo momento, la conseguente disomeostasi si trasformerà in fatigue e in un comportamento da malato, tipico delle fasi iniziali della depressione [9].
In un’altra versione della teoria [87], pur se la fatigue e la depressione vengono ancora considerate come risposte all’esperienza interocettiva della disomeostasi, assumono invece le sembianze di convinzioni metacognitive riguardanti la capacità del cervello di regolare in modo soddisfacente gli stati corporei (autoefficacia allostatica). Viene ipotizzato che la fatigue rappresenti una risposta iniziale alla disomeostasi che mantiene un suo valore adattivo (come, in generale, i comportamenti da malato), mentre una convinzione generalizzata di scarsa autoefficacia allostatica conseguente a una prolungata disomeostasi (esperita) può scatenare la depressione, in una maniera che richiama alla memoria le teorie cognitive della ‘impotenza appresa’ [88]. Entrambe queste spiegazioni della depressione sono supportate dal coinvolgimento delle cortecce visceromotorie agranulari nella fisiopatologia della depressione (p. es. [89]). Per riuscire a ulteriormente perfezionare, distinguere e testare empiricamente queste formule potrebbero essere necessarie analisi di neuroimaging avanzata basata su modelli – del tipo di quelle sviluppate nel campo della ‘psichiatria computazionale’ [90 – 92].

5. Osservazioni conclusive
Applicare lo schema dell’inferenza attiva all’interocezione fornisce un potente insieme di concetti entro i quali inquadrare la base neurofunzionale dell’emozione, dell’individualità incarnata e del controllo allostatico. I punti principali possono essere riassunti come segue. L’inferenza interocettiva si pone in parallelo con altre applicazioni di inferenza attiva (o di minimizzazione dell’errore di previsione) nell’ipotizzare che le aree sensoriali trasmettano errori di previsione ascendenti che vengono confrontati con previsioni discendenti attraverso una gerarchia di elaborazioni percettive. Per quanto concerne l’inferenza interocettiva, le previsioni vengono emesse dalle VMA (agranulari) e proiettano verso aree viscerosensoriali (per fornire feedback corollario) nonché sulle aree del tronco encefalico e sottocorticali (per attivare i riflessi omoeostatici neurovegetativi). È importante sottolineare che le previsioni visceromotorie sono interpretate al meglio come instauratrici di setpoint omoeostatici che asserviscono i riflessi neurovegetativi e guidano le risposte allostatiche (comportamentali e fisiologiche) tramite errori di previsione interocettiva a diversi livelli gerarchici e in tempi differenti. Questa prospettiva sottolinea la natura anticipatoria e orientata al controllo dell’inferenza interocettiva [7], ricordando il ruolo dei modelli predittivi nelle teorie cibernetiche della regolazione [14,15] così come le loro controparti nella percezione (esterocettiva), ad esempio nella teoria del controllo percettivo [18,93].

La mappatura dell’architettura computazionale dell’inferenza interocettiva fino ai substrati neuroanatomici – tenendo in considerazione il ruolo cruciale della calibrazione di precisione – fornisce gli strumenti per collegare queste idee (i) alle teorie dell’emozione e dell’individualità incarnata e alla loro manipolazione sperimentale, e (ii) a una gamma di condizioni cliniche che esprimono sintomi interocettivi e/o che hanno plausibilmente origine da disturbi nell’inferenza interocettiva. In termini di implicazioni teoriche, gli stati del sentimento emotivo possono essere interpretati come un amalgama dei contenuti delle previsioni interocettive, mentre l’individualità incarnata si basa sulle previsioni multimodali e amodali che, tramite l’inferenza attiva, distinguono i segnali correlati al sé oppure al non-sé. Si stanno accumulando sempre più dati clinici e prove sperimentali che delineano i meccanismi attraverso cui la segnalazione interocettiva modella le esperienze del sé e anche le percezioni degli stimoli provenienti dall’ambiente esterno (p. es. [94,95]). Tuttavia, la scoperta di prove empiriche che suffragano direttamente (o contestano) l’inferenza interocettiva rappresenta una sfida importante. Questa interpretazione si basa sulle seguenti previsioni fondamentali: (i) i segnali discendenti dalle VMA trasmettono previsioni riguardanti le cause dei segnali interocettivi (e, inoltre, così facendo fungono da setpoint omoeostatici), (ii) i segnali ascendenti che convergono sulle VMA trasmettono gli errori predittivi interocettivi e (iii) contenuti emozionali o affettivi dipendono principalmente dalle previsioni interocettive, piuttosto che dagli errori di previsione. Ulteriori ricerche potrebbero verificare queste previsioni, utilizzando avanzati metodi di fMRI a segmentazione laminare per distinguere potenzialmente tra le risposte di ‘previsione’ da quelle di ‘errore di previsione’ [31], oppure sfruttando la variabilità naturale dei ritmi fisiologici (p. es. variabilità del battito cardiaco) per modellare i continui errori di previsione interocettivi che potrebbero riflettersi nei segnali elettrofisiologici (Klaas Enno Stephan 2016, comunicazione personale; vedi anche [96]). Anche le tecniche di microneurografia – che consentono la registrazione diretta del traffico lungo i nervi periferici [97] – potrebbero fornire un mezzo innovativo per isolare i segnali di previsione interocettiva dai segnali di errore di previsione.
Estendere l’inferenza attiva fino a includere i riflessi neurovegetativi e le previsioni interocettive solleva molte altre domande interessanti [26]. Per esempio, il ruolo presunto dei neuromodulatori (p. es. la dopamina e l’ossitocina) nel mediare la precisione degli errori di previsione potrebbe contribuire a spiegare la stretta relazione tra vigilanza e ansia? Qual è la relazione tra esterocezione e interocezione durante l’auto-osservazione e in che modo dipende dall’attenuazione della precisione dei rispettivi errori di previsione [98]? È possibile che le cellule di von Economo negli strati corticali infragranulari trasmettano previsioni interocettive provenienti dalla corteccia insulare verso l’amigdala e altri bersagli sottocorticali [99]? In che modo la natura orientata al controllo dell’inferenza interocettiva modula gli aspetti qualitativi dell’esperienza interocettiva e cosa determina, in generale, lo stato cosciente delle previsioni interocettive? Altre domande cruciali sull’inferenza gerarchica e sul ruolo dell’interocezione vengono affrontate anche nel nuovo campo della neuropsicoanalisi [100].
Le implicazioni pratiche di queste idee sono evidenziate dal fatto che risultano applicabili a una varietà di condizioni cliniche, nelle quali un’inferenza interocettiva atipica può svolgere ruoli importanti nell’eziologia e/o nell’espressione dei sintomi. I disturbi emotivi come l’alessitimia sono relativamente semplici da spiegare in termini di interocezione atipica, mentre da più di un decennio i costrutti più complessi ed eterogenei, come l’ansia, vengono considerati in termini di errore di previsione interocettiva [53,83,101]. I recenti sviluppi si sono concentrati sulla depressione e sulla fatigue in quanto riconducibili all’esperienza interocettiva della disomeostasi cronica, sia direttamente che tramite convinzioni metacognitive di inadeguata autoefficacia allostatica [9,87]. L’autismo, anch’esso molto eterogeneo, sembra avere un fondamento interocettivo comune, forse con un’origine nello sviluppo e un’espressione sintomatica caratterizzata dalle discrepanze tra la sensitività interocettiva oggettiva (ridotta) e l’auto-valutazione della capacità interocettiva (potenziata). È importante sottolineare il coinvolgimento dell’inferenza interocettiva in queste e in altre condizioni – ivi incluse, per esempio, il disturbo da depersonalizzazione (vedi [102]) – questo apre nuove strade per la diagnosi, da effettuarsi tramite misure fisiologiche e approcci di psichiatria computazionale, e per il potenziale intervento clinico, da somministrarsi tramite training interocettivo e feedback.
Nel complesso, riflettere sull’individualità incarnata utilizzando la lente della minimizzazione della previsione dell’errore è un nuovo modo di riconsiderare una vecchia teoria. Renato Cartesio, oltre a dividere il mondo in res cogitans e res extensa, ottenne anche una certa notorietà per aver introdotto la dottrina degli ‘animali-macchina’ (circa 1694). Sosteneva che mentre gli uomini avevano una mente che dirigeva il loro comportamento, gli animali non umani (‘bruti’) non erano altro che macchine non pensanti e non sensibili, che respirano, digeriscono, percepiscono e si muovono ‘come i meccanismi di un orologio’. Ora che comprendiamo come le menti umane siano profondamente radicate nella fisiologia incarnata, e che analoghi principi funzionali potrebbero unire la regolazione fisiologica con la percezione del mondo esterno e fare da guida ad azioni e comportamenti, sembra di poter proporre un rovesciamento della dottrina di Cartesio: le nostre soggettive esperienze di individualità possano emergere a causa, e non a dispetto, del fatto che anche noi siamo ‘animali-macchina’.

Ulteriori informazioni

Figura 1. Inferenza e percezione attraverso diverse modalità. Le frecce verdi rappresentano le previsioni esterocettive e gli errori di previsione, che stanno alla base della percezione del mondo esterno. Le frecce arancioni rappresentano le previsioni propriocettive (e gli errori di previsione) che generano l’azione attraverso l’inferenza attiva. Le frecce blu rappresentano le previsioni interocettive (e gli errori di previsione) alla base dell’elaborazione emozionale e della regolazione neurovegetativa. Le esperienze integrate del sé incarnato emergono dall’amalgama del contenuto gerarchico delle previsioni relative al sé in tutte queste dimensioni, incluse – a livelli gerarchici profondi – le previsioni multimodali e amodali. Adattato da Seth [7]. (Versione online a colori.)

Figura 2. Questa figura riassume il passaggio gerarchico del messaggio neuronale che sottende la codifica predittiva. L’idea fondamentale è che l’attività neuronale codifichi le aspettative riguardo alle cause delle afferenze sensoriali, laddove queste aspettative minimizzano l’errore di previsione. L’errore di previsione è la differenza tra l’afferenza sensoriale (ascendente) e le previsioni (discendenti) relative a quell’afferenza. Questa minimizzazione si basa su interazioni neuronali ricorrenti tra i diversi livelli della gerarchia corticale. Le attuali interpretazioni suggeriscono che le cellule piramidali superficiali (triangoli rossi) confrontino le aspettative (a ciascun livello) con le previsioni top-down provenienti dalle cellule piramidali profonde (triangoli neri) dei livelli superiori [22,23]. A sinistra: questo schema mostra una semplice gerarchia corticale con errori di previsione ascendenti e previsioni discendenti. L’illustrazione include il controllo neuromodulatorio o il controllo del guadagno (in blu) delle cellule piramidali superficiali, che determina la loro influenza relativa sulle cellule piramidali profonde che codificano le aspettative attraverso la modulazione della precisione prevista (vedi sotto e anche nel testo per ulteriori dettagli). A destra: illustrazione di un esempio schematico nel sistema visivo. Vengono mostrate le cellule dove si presume abbiano origine le connessioni ascendenti o dirette che trasmettono gli errori di previsione (frecce rosse) e le connessioni discendenti o retrograde (frecce nere) che costruiscono le previsioni. Gli errori di previsione sono calibrati in base alla precisione prevista, che abbiamo associato all’attività dei sistemi neuromodulatori – qui si tratta delle proiezioni dall’area tegmentale ventrale (VTA) e dalla sostanza nera (STN). In questo esempio, i campi visivi frontali inviano previsioni alla corteccia visiva primaria, che essa proietta sul corpo genicolato laterale. Tuttavia, i campi visivi frontali inviano anche previsioni propriocettive ai nuclei pontini, che vengono trasmesse al sistema oculomotore per permettere il movimento attraverso i riflessi classici. Queste previsioni discendenti vengono anche trasmesse al corpo genicolato laterale e costituiscono l’attivazione corollaria. Ogni previsione top-down corrisponde in modo reciproco a un errore di previsione bottom-up, per garantire che le previsioni siano vincolate alle informazioni sensoriali. La risoluzione dell’errore di previsione propriocettiva è particolarmente importante, perché consente alle previsioni discendenti – riguardanti lo stato del corpo – di provocare il movimento ripristinando dinamicamente l’equilibrio o il set-point dei riflessi classici. La risoluzione degli errori di previsione sensoriale attraverso l’azione è nota come inferenza attiva (vedi il testo). Adattato da Friston [26]. (Versione online a colori.)

Figura 3. (a) Giuseppe Arcimboldo, l’Ortolano o Ortaggi in una ciotola (ca 1590). Olio su tavola. Le nostre percezioni sono vincolate da ciò che ci aspettiamo di vedere e dalle ipotesi che possono essere chiamate a spiegare le afferenze sensoriali [27]. Arcimboldo, ‘un artista milanese del XVI secolo, molto apprezzato a Vienna, illustra questo concetto in modo drammatico utilizzando frutta e verdura per creare volti nei suoi dipinti. Se osservati non capovolti, i volti illustrati nei dipinti si possono facilmente riconoscere’ [28, p. 204]. Adattato da Friston [26]. (b) I volti sono probabilmente una delle cause (nascoste) più importanti delle nostre sensazioni. Mentre nell’immagine di Arcimboldo è necessario guardare il quadro diritto affinché sia possibile vedere un volto, quando le immagini sono già riconoscibili come volti, capovolgere l’immagine (ruotando la pagina) rivela che queste facce potrebbero essere diverse da come appaiono (la cosiddetta ‘illusione Thatcher’). Questi esempi illustrano la complessa interazione tra le aspettative preesistenti e le caratteristiche dello stimolo che modellano il contenuto percettivo (adattato da Little et al. [29]). (Versione online a colori.)

Figura 4. Un’architettura neurale (semplificata) alla base della codifica predittiva dei segnali visivi, somatosensoriali e interocettivi. Le designazioni anatomiche, pur se plausibili, sono utilizzate per illustrare semplicemente in quale modo la codifica predittiva può essere mappata su sistemi neuronali. Come nella figura 2, i triangoli rossi corrispondono alle popolazioni neuronali (cellule piramidali superficiali) che codificano l’errore di previsione, mentre i triangoli blu rappresentano le popolazioni (cellule piramidali profonde) che codificano le aspettative. Questi forniscono previsioni discendenti alle popolazioni che trasmettono gli errori di previsione ai livelli gerarchici inferiori (connessioni blu). Le popolazioni che forniscono errori di previsione, quindi, rispecchiano gli errori di previsione ascendenti, al fine di far corrispondere le aspettative (connessioni rosse). Le frecce denotano connessioni eccitatorie, mentre i cerchi denotano effetti inibitori (mediati dagli interneuroni inibitori). In questo esempio, le connessioni ricorrenti mediano i riflessi innati (specificati epigeneticamente) – come il riflesso della suzione – che provocano riflessi neurovegetativi (p. es. vasovagali) in risposta ad appropriate afferenze somatosensoriali. Questi riflessi dipendono da rappresentazioni di alto livello che predicono sia l’afferenza somatosensoriale che le conseguenze interocettive. Le rappresentazioni sono attivate da errori di previsione somatosensoriale e inviano previsioni interocettive all’area ipotalamica – in tal modo provocando errori di previsione interocettivi che vengono risolti a livello periferico dai riflessi neurovegetativi. È stato dimostrato che l’ossitocina (in verde) viene proiettata nell’area ipotalamica, per modulare il guadagno o la precisione delle unità addette all’errore di previsione interocettiva. Una delle ipotesi relative all’autismo poggia sull’incapacità neurovegetativa di attenuare la precisione degli errori di previsione, precludendo in tal modo le aspettative riguardo alle informazioni visive e somatosensoriali (p. es. il volto della madre o il tocco di affiliazione) che non sono accompagnate da un’afferenza neurovegetativa (vedi il testo). FFA, area facciale fusiforme; AIC, corteccia anteriore dell’insula; ACC, corteccia cingolata anteriore; OFC, corteccia orbitofrontale; PAG, grigio periacqueduttale; PBN, nucleo parabrachiale. (Versione online a colori.)

Conflitti di interessi. Dichiariamo di non avere alcun conflitto di interesse.

Finanziamento. AKS ringrazia la Dr Mortimer and Theresa Sackler Foundation, che sostiene il Sackler Centre for Consciousness Science. KJF è finanziato dal Wellcome Trust (rif: 088130/Z/09/Z).

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