Full Paper

Il trattamento manipolativo osteopatico induce modifiche neurovegetative in pazienti sani? Uno studio di imaging termografico

Does Osteopathic Manipulative Treatment Induce Autonomic Changes in Healthy Participants? A Thermal Imaging Study

Traduzione a cura di: Traduzione di Silvia Clara Tuscano
Autori:

Francesco Cerritelli 1*, Daniela Cardone 2, Alessi Pirin 3 , Arcangel Merla 2 e Fabio Scoppa 4,5

1 Dipartimento di ricerca umana su base clinica, Fondazione COME Collaboration, Pescara, Italia, 2 Dipartimento di neuroscienze e imaging, Istituto di tecnologie biomediche avanzate, Università G. D'Annunzio di Chieti-Pescara, Chieti, Italia, 3 Dipartimento di scienze biomediche, Università di Sassari, Sassari, Italia, 4 Facoltà di Medicina e Chirurgia Odontoiatrica, Università La Sapienza di Roma, Roma, Italia, 5Chinesis IFOP Istituto di formazione in osteopatia, Roma, Italia

Giornale: Frontiers in Neuroscience
Abstract:

Il trattamento manipolativo osteopatico (OMT) ha dimostrato di essere una terapia efficace in diverse condizioni cliniche e fasce di età. Nonostante l’efficacia clinica, si riscontra la mancanza di dati robusti per quanto concerne i suoi meccanismi d’azione neurobiologici, in particolare quelli neurovegetativi. Studi preliminari hanno evidenziato come l’OMT determini un effetto parasimpatico che a sua volta induce un effetto trofotropico. Tuttavia, questi dati sono limitati all’analisi della variabilità della frequenza cardiaca (HRV). Con l’intento di approfondire le conoscenze riguardo all’influsso dell’OMT sul sistema nervoso vegetativo, è stato progettato uno studio randomizzato controllato RCT di tipo cross-over per verificare l’effetto del trattamento osteopatico in confronto alla terapia simulata (SHAM) valutando una serie di parametri neurovegetativi. Sono stati raccolti i dati relativi all’imaging termografico, all’HRV e alla conduttanza cutanea in una popolazione di adulti sani. Il disegno dello studio prevedeva due sessioni (OMT e SHAM), con 1 trattamento a cadenza settimanale, ciascuno della durata di 35 minuti, composto da 5 minuti di baseline, 25 minuti di trattamento e 5 minuti di post-tocco. Durante la linea di base e il post-trattamento, i partecipanti non ricevevano alcun tocco. Hanno completato lo studio trentasette partecipanti (età compresa nell’intervallo di 27 ± 5 anni, quota maschile 40%). L’analisi multivariata ha mostrato un effetto parasimpatico significativo sia riferito al gruppo che al periodo per quanto concerne i dati termografici rilevati sul naso (stima 0,38; IC 95% 0,12–0,63; p <0,01), nella regione periorale sinistra (0,17; 0,06–0,27; 0,001) e destra (0,16; 0,07–0,24; 0,001) e sulla regione frontale (0,07; 0,01–0,12; 0,01) ma non sul mento (0,08; da -0,02 a 0,18; 0,13). In linea con un effetto parasimpatico, le analisi hanno dimostrato una differenza tra il gruppo OMT e il gruppo SHAM per quanto concerne i valori nuHF (p < 0.001) e DFA-a1 (p < 0.01) come pure per la conduttanza cutanea (< 0,01). La presente ricerca avvalora l'ipotesi che, diversamente da una terapia simulata, una singola sessione di OMT induce modifiche neurovegetative in adulti sani non sintomatici. Codice identificativo Clinicaltrial.gov: NCT03888456, https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT03888456. Parole chiave: touch, autonomic nervous system, cholinergic system, sham, hrv, gsr

Articolo

INTRODUZIONE
L’osteopatia è una medicina manuale complementare basata sul tocco e utilizzata in genere su pazienti appartenenti a diverse fasce di età (Licciardone et al., 2013; Cerritelli et al., 2014, 2015b; Pizzolorusso et al., 2014; Luciani et al., 2015, 2018; Schwerla et al., 2015; Steel et al., 2017) e in un’ampia varietà di condizioni cliniche (Cerritelli et al., 2011, 2015a, 2016a, 2017b; Cicchitti et al., 2015; Ruffini et al., 2016; Franke et al., 2017; Lanaro et al., 2017). Diversi studi hanno mostrato effetti clinici positivi in confronto con terapie simulate, placebo, cure convenzionali o altri dispositivi (Pizzolorusso et al., 2011; Cerritelli et al., 2013, 2015a, 2016b; Martelli et al., 2014). Fermo restando l’efficacia clinica dell’osteopatia, riportata in diversi studi (Cerritelli et al., 2019), rimangono tuttavia da esplorare ulteriormente i meccanismi d’azione alla base del trattamento manipolativo osteopatico (OMT), che sono ancora una questione aperta. Si tratta infatti di una questione cruciale, dal momento che la più precisa comprensione dei percorsi neurobiologici dell’OMT potrà rivelarsi utile per le future applicazioni sia nell’ambito clinico che della ricerca.
Sulla base delle attuali evidenze è difficile individuare quali siano i principali elementi neurobiologici coinvolti durante una seduta osteopatica e immediatamente dopo di essa. In effetti, è stato ipotizzato che i meccanismi indotti dall’OMT potrebbero essere modulati dalle funzioni del sistema nervoso vegetativo (SNV) (Ruffini et al., 2015; D’alessandro et al., 2016), con il possibile coinvolgimento di meccanismi interocettivi (Cerritelli et al., 2020) e la conseguente riduzione del rilascio di citochine proinfiammatorie (Licciardone et al., 2012; Degenhardt et al., 2017). Questi risultati, dimostrati sia in vitro (Zein-Hammoud e Standley, 2015) che in vivo (Degenhardt et al., 2017), suggeriscono che l’OMT abbia un ruolo antinfiammatorio (D’alessandro et al., 2016). McGlone et al. (2017) hanno ipotizzato che potrebbe ridurre la produzione di citochine e l’attività simpatica, generando una cascata di eventi fisiologici e neurobiologici, i quali a loro volta potrebbero modulare l’infiammazione e la reattività dell’SNV.
L’attività dei sistemi simpatico e parasimpatico potrebbe svolgere un ruolo cruciale nel determinare gli effetti dell’OMT. Ruffini et al. (2015) hanno dimostrato che negli adulti sani sottoposti a una sessione di OMT, in confronto con soggetti sottoposti a terapia fittizia (sham) e a nessun intervento, si osservano effetti parasimpatici immediati che portano a ipotizzare un effetto trofotropico. Gli autori hanno misurato la risposta neurovegetativa utilizzando parametri lineari e non lineari, legati alla variabilità della frequenza cardiaca (HRV) ponendo i partecipanti in decubito supino in un ambiente a temperatura controllata. In uno studio più recente, Fornari et al. hanno arruolato soggetti sani e li hanno sottoposti in laboratorio a un episodio di stress, nel caso specifico ad uno stressor mentale, dimostrando che in confronto alla terapia simulata l’OMT produceva un effetto cronotropico (riduzione della frequenza cardiaca) e induceva un equilibrio simpatico-vagale (Fornari et al., 2017), per cui hanno proposto che l’SNV debba avere un ruolo cruciale nel meccanismo d’azione dell’osteopatia. Tuttavia, occorre sottolineare come nella quasi totalità dei casi gli studi scientifici che hanno indagato il ruolo dell’SNV nell’osteopatia abbiano focalizzato l’attenzione soprattutto su un solo parametro vegetativo, l’HRV, evidenziando valori più alti in alta frequenza (HF), più bassi in bassa frequenza (LF) nonché una riduzione del rapporto LF/HF. Alla luce della varietà dei meccanismi fisiologici controllati dall’SNV la misurazione di questi valori potrebbe rivelarsi limitata. Per comprendere meglio i meccanismi, sarebbe necessario combinare diverse misure di tipo neurovegetativo. Il presente studio è stato disegnato per soddisfare questa esigenza, ricorrendo alle tecniche di imaging termico a infrarossi (IRI) per valutare la temperatura in varie regioni facciali e per misurare simultaneamente l’attività cardiaca e cutanea allo scopo di estrapolare parametri neurovegetativi quali l’attività elettrodermica (EDA) e l’HRV.
Da questo punto di vista, l’IRI consente ai ricercatori di stimare con precisione la temperatura cutanea, un indicatore dell’attività neurovegetativa, utilizzando una tecnica senza contatto. La validità dell’IRI è stata ampiamente dimostrata da studi che evidenziano come le attività neurovegetative possano essere estrapolate da specifici modelli della temperatura facciale, indotta da diversi stati fisici o psicologici (Shastri et al., 2009; Ioannou et al., 2014; Merla, 2014; Cardone e Merla, 2017). La variabilità specifica dei modelli di temperatura in regioni facciali ben distinte e standardizzate è stata considerata associabile all’attivazione o disattivazione del sistema nervoso simpatico. Ad esempio, un aumento della temperatura nelle regioni periorbitali è reputato un indicatore della risposta di attacco o fuga, mentre una variazione della temperatura della cute nasale rappresenta un effetto neurovegetativo specifico (Ioannou et al., 2014). Per quanto concerne in particolare l’area nasale, un aumento della temperatura rispetto alla condizione di base indica un’attivazione parasimpatica mentre una diminuzione della temperatura implica un effetto simpatico (Cardone e Merla, 2017). Inoltre, l’affidabilità dell’IRI come strumento per il rilevamento dello stato psicofisiologico dei partecipanti è stata dimostrata tramite registrazioni EDA simultanee, in particolare tramite misurazioni della risposta galvanica cutanea (GSR). I segnali della risposta galvanica cutanea sono risultati correlati al numero delle ghiandole sudoripare attive, un dato facilmente rilevabile mediante l’imaging IR termografico del volto grazie alla comparsa di punti freddi sul viso. Una forte attivazione della ghiandola sudoripare risulta evidente, oltre che nella regione del palmo delle mani, anche nelle regioni mascellare, periorale e della punta del naso.
L’analisi multirisoluzione dei segnali termici rivela componenti toniche (alla linea di base e/o generali) e fasiche (legate all’evento) fortemente correlate alle componenti GSR del simpatico (Shastri et al., 2009; Krzywicki et al., 2014). Pertanto, l’analisi dei cambiamenti della temperatura regionale nel tempo viene considerato un metodo adatto all’approfondimento degli studi sull’SNV.
A tale proposito si nota che in ambito osteopatico risulta essere stato condotto soltanto uno studio basato sulla termografia. Polidori et al. (2018) hanno recentemente pubblicato uno studio proof-of-concept, basato su un caso clinico, mettendo alla prova l’uso dell’IRI come strumento diagnostico aggiuntivo nella procedura osteopatica. Gli autori hanno dimostrato che grazie all’IRI termografico è stato possibile rilevare i cambiamenti in una lombalgia immediatamente dopo l’OMT. Come sottolineato dagli autori, pur con tutti i limiti dello studio di un caso clinico, questa ricerca esplorativa potrebbe aprire la strada all’utilizzo dell’IRI in ulteriori studi per misurare con precisione l’effetto dell’OMT nel tempo. Nel presente studio, quindi, abbiamo utilizzato una combinazione di misure tra cui l’IRI, la GSR e l’HRV per indagare le correlazioni neurovegetative associate alle differenze dai livelli di baseline in soggetti sani durante e dopo l’OMT. L’ipotesi è che l’OMT, rispetto alla condizione di controllo, possa indurre una risposta parasimpatica più robusta.
MATERIALI E METODI
Il protocollo sperimentale è stato disegnato come uno studio randomizzato controllato in singolo cieco di tipo cross-over. Sono stati arruolati 37 partecipanti sani, di entrambi i sessi (M = 19; 40%), di età compresa tra 18 e 35 anni (27,2 ± 5,1), che non avessero intrapreso alcun trattamento farmacologico durante le 4 settimane precedenti e non avessero precedente esperienza del trattamento osteopatico. I criteri di esclusione avevano lo scopo di evitare qualsiasi condizione che potesse sortire un significativo effetto neurovegetativo e includevano: qualsiasi disturbo cardiovascolare, neurologico, muscoloscheletrico, psichiatrico, genetico o congenito, gravidanza o allattamento in corso e ciclo mestruale durante la sessione. Sono stati esclusi i fumatori, così come tutti coloro che abusavano di sostanze. Allo scopo di tenere sotto controllo i fattori confondenti esterni i partecipanti sono stati invitati ad astenersi dall’alcol, dalla caffeina e dall’esercizio cardiovascolare nelle 24 ore precedenti alla sessione sperimentale.
I volontari, provenienti da diverse università, sono stati reclutati fra il mese di marzo e il mese di maggio dell’anno 2019 tramite e-mail, telefonata o contatto diretto. La partecipazione allo studio è stata volontaria e ai partecipanti non è stato fornito alcun rimborso.
Il Comitato Etico Istituzionale dell’Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara ha approvato lo studio e, in conformità alla Dichiarazione di Helsinki, prima della sperimentazione è stato ottenuto il consenso informato in forma scritta da tutti i soggetti partecipanti. Lo studio è stato registrato sul sito clinictrials.gov con il seguente codice identificativo: NCT03888456.
Randomizzazione
I partecipanti, sottoposti a un protocollo di imaging termografico, sono stati randomizzati in due gruppi con un rapporto 1:1, assegnandoli nella prima sessione al gruppo OMT (Gruppo A) o a quello della terapia simulata (SHAM, Gruppo B) (Figura 1). È stata effettuata una randomizzazione a blocchi in base a un elenco randomizzato generato dal computer, con dimensione del blocco pari a 9. I partecipanti non erano a conoscenza del disegno dello studio né degli outcome, e nemmeno dell’allocazione ai gruppi. La randomizzazione è stata eseguita e memorizzata in uno spazio web sicuro; un consulente informatico è stato nominato responsabile del processo.
Valutazione alla linea di base
Prima della sessione termografica, i partecipanti sono stati invitati a compilare alcuni questionari cartacei. Il questionario socio-demografico è stato somministrato per raccogliere i dati di base in termini di età, sesso, BMI, stato civile, titolo accademico, tipo di occupazione. Lo State-Trait Anxiety Inventory (STAI-Y1 e Y2) è stato utilizzato per verificare l’ansia (Spielberger et al., 1983) e l’Edinburgh Handedness Inventory è stato usato per appurare la dominanza della mano (Oldfield, 1971).
Disegno sperimentale
Il disegno dello studio prevedeva due sessioni nell’arco di 2 settimane, con 1 sessione della durata di 60 minuti ogni settimana, ciascuna composta da un periodo di riposo di 20 minuti prima della misurazione, 5 minuti di registrazione alla linea di base, 25 minuti di trattamento, 5 minuti di post-tocco e gli ultimi 5 min dedicati alla compilazione dei questionari post-sessione. Durante il pre-trattamento e il post-trattamento, i partecipanti non ricevevano alcun tocco.
La prima sessione poteva essere riprogrammata se il partecipante ricadeva in almeno uno dei seguenti criteri di esclusione: dolore acuto nelle ultime 72 ore, assunzione di qualsiasi medicinale o sostanza nelle 72 ore precedenti alla sessione, ciclo mestruale nel giorno dell’intervento, consumo di alcol nelle ultime 48 h. I partecipanti venivano considerati abbandoni (drop out) se non si presentavano alla seconda sessione. I partecipanti assegnati ai gruppi di trattamento hanno ricevuto sia l’OMT che la terapia simulata in periodi di tempo diversi, conformemente al disegno cross-over. Nella prima sessione, il gruppo A ha ricevuto l’OMT mentre il gruppo B ha ricevuto un trattamento fittizio. Successivamente, nella seconda sessione, il gruppo A ha ricevuto un trattamento fittizio mentre il gruppo B ha ricevuto l’OMT.
Le sessioni manuali hanno sempre avuto luogo nello stesso ambiente, con temperatura e umidità stabili, per evitare qualsiasi influenza dovuta alla termoregolazione corporea (Cardone e Merla, 2017). Inoltre, le due sessioni sono state programmate alla stessa ora per tenere conto degli effetti legati al ritmo circadiano. L’intervento OMT consisteva in una valutazione manuale iniziale a cui faceva seguito un trattamento. La valutazione mirava a localizzare le disfunzioni somatiche in base ai parametri di alterazione della trama tissutale, asimmetria, ampiezza di movimento e dolorabilità (TART) sulla base dei quali venivano effettuati la valutazione e il trattamento osteopatico (Cerritelli et al., 2017a). Le disfunzioni somatiche rilevate in tutto il corpo venivano comparate per stabilire un ordine primario di intervento basato sui parametri TART. Le tecniche di trattamento manipolativo osteopatico erano mirate a correggere le disfunzioni somatiche rilevate durante l’esame obiettivo iniziale, facendo ricorso a tecniche di bilanciamento legamentoso, tecniche di bilanciamento membranoso e tecniche craniosacrali (Magoun, 1976). Sono state escluse tutte le tecniche che implicassero il contatto con la testa. In questo studio la terapia simulata mimava, senza applicare alcuna tecnica, le procedure utilizzate per il trattamento osteopatico. La seduta osteopatica durava 25 ± 1 min. La procedura simulata corrispondeva perfettamente all’OMT in termini di tempo di contatto, durata della sessione, contesto del trattamento. In particolare, la sessione SHAM consisteva in un delicato tocco statico, che prevedeva l’applicazione del palmo delle mani, per una durata di 25 minuti, sulle seguenti regioni corporee: arto superiore e inferiore, bacino, addome, torace e rachide. Ogni area veniva toccata all’incirca per 3-4 minuti, evitando di portare l’attenzione sulla regione contattata. L’operatore era impegnato in un’attività uditiva endogena silenziosa, focalizzata sull’attenzione (Cerritelli et al., 2017a) e sceglieva in modo casuale la sequenza delle regioni corporee da toccare.
Tutti gli interventi, sia di OMT che simulati, sono stati eseguiti dallo stesso operatore (di sesso maschile, 40enne, con 15 anni di esperienza clinica osteopatica, DO, con certificazione di formazione in osteopatia secondo i parametri dell’OMS). Inoltre, ai partecipanti è stato chiesto di rimanere fermi in decubito supino e di tenere gli occhi chiusi durante il periodo di pre-trattamento, del trattamento e del post-tocco.
Valutazione post-sessione
Alla fine della sessione sperimentale, venivano eseguite diverse misure allo scopo di valutare la qualità del tocco ricevuto. Per descrivere il tipo di tocco percepito dai partecipanti durante le sessioni è stato utilizzato il Touch Perception Task (Guest et al., 2011). Inoltre, è stata usata una scala Likert a 5 punti per classificare il tocco ricevuto dai soggetti (1 = molto leggero, 2 = leggero, 3 = moderato, 4 = intenso, 5 = molto intenso). I partecipanti sono anche stati invitati a completare l’Amsterdam Resting State Questionnaire per comunicare la percezione dei loro sentimenti durante la sessione (Diaz et al., 2013).
Procedura
Prima della valutazione, ogni partecipante è stato lasciato nell’ambiente sperimentale per 20 minuti in modo da consentire la stabilizzazione della temperatura cutanea di base (Cardone e Merla, 2017). In conformità con le linee guida standard della ricerca con la tecnica dell’IRI, allo scopo di evitare le alterazioni indotte dalla termoregolazione l’ambiente di registrazione è stato impostato secondo parametri termo-neutri, cioè a temperatura (23°C) e umidità (50–60%) standardizzate, controllate mediante termostato. I partecipanti stavano seduti comodamente su una sedia durante il periodo di acclimatazione, mentre durante il periodo di misurazione erano in decubito supino su un lettino per il trattamento.
Registrazione e pre-elaborazione dei dati
Imaging termografico
La temperatura facciale è stata registrata utilizzando una termocamera digitale a infrarossi FLIR SC660 (FLIR, Wilsonville, OR, Stati Uniti) (bolometro 640 × 480 FPA, differenza di temperatura equivalente di rumore (NEDT): <30 mK a 30 °C, campo visivo: 24° × 18°). La termocamera veniva posizionata 60 cm sopra il partecipante e puntata in direzione del volto del soggetto. La frequenza di campionamento era di 10 Hz. Per rimuovere gli effetti correlati a potenziali derive/scostamenti nella risposta del sensore e gli artefatti ottici, la termocamera veniva calibrata sul corpo nero. La qualità dell'IRI registrato veniva controllata mediante ispezione visiva. Nessun video è stato escluso. Le regioni di interesse (ROI) sono state selezionate in base alla letteratura e in particolare corrispondevano alle aree periorale, della punta nasale, del mento e della fronte (Garbey et al., 2007; Shastri et al., 2009; Ioannou et al., 2014). Per garantire un posizionamento e un dimensionamento affidabili delle ROI sono stati utilizzati i seguenti criteri: per la punta nasale, è stata posizionata sopra il centro nasale una ROI circolare che non si estendeva oltre le narici; per le regioni periorali due ellissi, con l'asse minore pari alla metà di quello maggiore che veniva allineato a partire dai confini del naso fino a quelli della bocca; per il mento è stata collocata una ROI circolare sulla protuberanza mentoniera; per la fronte, una ROI circolare è stata posizionata al centro della linea mediana della regione frontale. All'interno di ciascuna immagine campione dell’IRI, queste ROI si muovevano in modo solidale al movimento relativo del volto, a tal fine è stato utilizzato un algoritmo di tracciamento dei tessuti molli validato in diversi lavori di ricerca (Manini et al., 2013). Quando non era possibile utilizzare l'algoritmo di tracciamento (p. es., a causa di un'eccessiva rotazione della testa, un’eccessiva variazione del pattern termografico per il primo frame di inizializzazione), l'errore veniva evidenziato tramite la visualizzazione di una grande variazione del segnale estrapolato, che veniva corretto mediante ispezione visiva, sostituendo i campioni contaminati con il valore medio di sei campioni precedenti e successivi al periodo considerato. La temperatura media, corretta per gli artefatti all'interno della ROI selezionata, veniva considerata indicativa dell'attività neurovegetativa (Cardone e Merla, 2017). I segnali dell’IRI venivano filtrati con un filtro passa-basso Butterworth di terzo ordine a ritardo zero (0,4 Hz) per eliminare le oscillazioni ad alta frequenza non correlate alle modulazioni neurovegetative (Pinti et al., 2015). La serie temporale relativa a ciascun partecipante è stata quindi trasformata in z (sottraendo il valore medio e dividendo per la deviazione standard) (Rosenblatt, 1952) per tenere conto della varianza nell'ampiezza dell’IRI tra i partecipanti. Conduttanza cutanea La risposta della conduttanza cutanea (SCR) è stata registrata sui muscoli tenar/ipotenar della mano non dominante (Ogorevc et al., 2013) utilizzando il sistema AD instrument Powerlab, dotato di amplificatore GSR a bassa tensione, eccitazione AC a 75 Hz, e azzeramento automatico. Gli elettrodi per le dita, realizzati in acciaio inossidabile, venivano fissati con nastro in velcro. La frequenza di campionamento era di 1 kHz. Il segnale SCR è stato filtrato con un filtro passa-banda Butterworth di terzo ordine a ritardo zero (0,01-5 Hz) (Bach et al., 2010) e quindi sottocampionato a 10 Hz per essere omogeneizzato con l'IRI. Le componenti tonica e fasica del segnale sono state separate utilizzando un'analisi di decomposizione continua fornita da Ledalab, un software basato su Matlab (Benedek e Kaernbach, 2010). Il segnale SCR è stato quindi trasformato in z. Dati HRV I segnali cardiaci sono stati registrati mediante un trasduttore di impulsi da dito, utilizzando il sistema AD instrument Powerlab. Il trasduttore di impulsi a dito è un elemento piezoelettrico in grado di convertire la forza meccanica applicata alla sua superficie attiva in un segnale elettrico analogico. Secondo un metodo analogo a quello usato per elaborare il segnale ECG per il calcolo dell'HRV, è possibile estrapolare la variabilità della frequenza del polso (PRV) in base al segnale del battito misurato sul dito. Poiché la PRV può essere utilizzata come surrogato dell'HRV in posizione di riposo (Shin, 2016), gli analoghi degli intervalli R-R sono stati estratti dal segnale del battito misurato sul dito. Utilizzando un software apposito, i valori anomali sono stati identificati e rimossi dai dati. Gli intervalli sono stati quindi importati nel software Kubios per calcolare i parametri HRV. Il metodo di analisi dell'HRV, basato sull'elaborazione degli intervalli RR registrati, è stato suddiviso in analisi lineare (dominio del tempo e della frequenza) e analisi non lineare (Aubert et al., 2003). A partire dagli spettri di potenza (trasformata rapida di Fourier utilizzando la finestra di Blackman Harris) dei tacogrammi lineari equidistanti interpolati (4 Hz) (ricampionati a 2 Hz), per l'analisi lineare è stato utilizzato il seguente indice HRV standard nel dominio della frequenza: nuHF, da 0,15 a 0,4 Hz, ovvero segnale di modulazione della frequenza cardiaca parasimpatica (Nessun autore elencato, 1996). Per quanto concerne l'analisi non lineare, è stato calcolato il parametro DFAα1. Il DFAα1 è considerato un indice parasimpatico sensibile (Kemp et al., 2012) in grado di discriminare le possibili correlazioni a lungo termine e la complessità delle serie di intervalli RR (Hardstone et al., 2012). Una struttura frattale della frequenza cardiaca è stata quantificata stimando fluttuazioni a breve termine di tipo alfa 1 ottenute nell'intervallo 4 ≤ n ≤ 16. Analisi dei Dati Analisi dei dati termografici Al livello del partecipante, è stata effettuata la media dei dati termografici su intervalli di tempo di 30 secondi, suddivisi per il periodo della linea di base, del tocco e del post-tocco. A causa della natura dei dati termografici, che sono sensibili agli artefatti provocati dal movimento, e allo scopo di evitare movimenti non sperimentali, per ogni singolo partecipante sono stati individuati, e considerati come artefatti, tutti valori della linea di base che contenevano dati maggiori o minori di tre DS rispetto alla media dell'intero campione. Tali dati sono stati quindi sostituiti dalla media delle epoche non artefattuali del partecipante, estrapolate dal periodo della linea di base. Successivamente, per ciascun dato che rappresentava 30 secondi durante i periodi del tocco e del post-tocco, è stato calcolato il valore della differenza rispetto alla linea di base, sottraendo il valore medio alla linea di base del singolo partecipante da ciascuno dei periodi relativi al tocco e al post-tocco. Anche in questo caso, per ogni partecipante, sono stati identificati i punti dato che si trovavano più di tre DS al di fuori della media generale del campione per sostituirli con la media dei periodi temporali non artefattuali dello stesso partecipante all’interno di un determinato periodo di tempo. Analisi della conduttanza cutanea La risposta della conduttanza cutanea è stata analizzata seguendo la stessa procedura utilizzata per i dati termici. I dati dell’SCR sono stati suddivisi su intervalli da 30 secondi, e separati per i periodi della linea di base, del tocco e del post-tocco. Poi sono stati identificati e corretti gli artefatti. Analisi dell'HRV Per quanto riguarda l'analisi HRV, è stato eseguito il test della stazionarietà debole ristretta (RWS) al fine di valutare la stazionarietà (Magagnin et al., 2011) sui modelli M. Per testare la normalità della distribuzione R–R (p< 0,05), è stato utilizzato il test di Kolmogorov Smirnov che valuta la bontà dell'adattamento. In caso di distribuzione non normale, è stata applicata una trasformazione logaritmica. Successivamente, i modelli M sono stati sottoposti al test per la normalità. I modelli sono stati scelti in modo casuale da un insieme di sequenze aventi lunghezza L (Magagnin et al., 2011). Per studiare le caratteristiche generali della popolazione partecipante allo studio sono state utilizzatele le medie aritmetiche e le deviazioni standard, nonché la mediana, la percentuale e il range. Per confrontare il gruppo OMT e il gruppo SHAM al momento dell’arruolamento, sono stati effettuati i test statistici univariati, il t test di Student e il test del chi quadrato. Per studiare l'effetto indipendente dell'OMT sugli endpoint termici, della risposta cutanea e dell'HRV è stata utilizzata un'analisi a misure ripetute basata sul modello di regressione a effetti misti (MER) che considera un effetto casuale per i gruppi e un effetto fisso su ogni periodo per individuare qualsiasi ulteriore differenza. L'analisi a coppie post-hoc aggiustata secondo la correzione di Holm-Bonferroni è stata applicata nel caso in cui il MER evidenziasse qualsiasi differenza statistica. Analisi statistica Prima di cominciare la sperimentazione è stato calcolato il numero di partecipanti (n). La letteratura sulle neuroscienze in termografia riporta che le stime sulle previste dimensioni dell'effetto sono relativamente alte. Si è quindi optato per scegliere una dimensione dell'effetto pari a 0,7, oltre ai valori, tipici degli studi clinici, alfa di 0,05 e Beta di 0,80, inserendoli nel programma statistico R per stimare la dimensione del campione. Poiché si aveva intenzione di verificare anche le differenze intra-individuali e inter-individuali, è stato arruolato un totale di n = 35 persone in uno studio di tipo cross-over. Per indicare la differenza statistica, sono stati considerati valori di p a due code inferiori a 0,05. La dimensione dell'effetto è stata calcolata utilizzando la d di Cohen. Quest’analisi dei dati è stata effettuata utilizzando i pacchetti nlme, multcomp, stats, effsize del programma statistico R (v. 3.5.2). RISULTATI Caratteristiche del campione e misurazioni alla linea di base Sono stati valutati cinquanta partecipanti, di cui 37 hanno soddisfatto i criteri di inclusione, hanno firmato il consenso informato per iscritto e sono stati assegnati in modo casuale ai gruppi di intervento dello studio (Figura 1). Le caratteristiche demografiche e i valori alla linea di base sono mostrati nelle Tabelle 1, 2 che evidenziano l’assenza di differenze statisticamente significative tra i gruppi alla linea di base. Inoltre, non sono risultate differenze nei termini del tipo di tocco percepito tra le sessioni (sessione 1: media 8,15 ± 1,8; sessione 2: 8,36 ± 1,4; t = -0,56, df = 69,7, valore p= 0,58) e il tipo di tocco ricevuto nelle sessioni (X2 = 0,01, valore di p = 0,99). Variazioni di temperatura La Figura 2 mostra un esempio delle immagini termografiche relative ai due gruppi. L'analisi multivariata ha mostrato un aumento significativo nel gruppo OMT rispetto al gruppo SHAM per i dati termografici relativi alla regione nasale, periorale sinistra e destra nonché alla regione della fronte, ma non per quella del mento (Tabella 3). L'analisi post hoc con la correzione di Bonferroni ha rivelato che il gruppo sottoposto all'OMT mostrava un aumento significativo della temperatura rispetto alla linea di base sia nel periodo del tocco che del post-tocco (per tutti i confronti p< 0,01). Viceversa nel gruppo che aveva ricevuto il trattamento fittizio non si sono rilevati cambiamenti significativi (Figura 3). Per approfondire ulteriormente quest’analisi, è stata eseguita un'analisi dell'andamento, esaminando le differenze riscontrate nel periodo del tocco e del post-tocco rispetto al valore alla linea di base. Il gruppo OMT ha mostrato un aumento generale della temperatura più rapido e intenso all'inizio del periodo del tocco, che si è mantenuto per tutto il periodo post-tocco, fatta eccezione per la regione della fronte, dove si è rilevata una diminuzione. Comunque nel gruppo SHAM non è stato rilevato questo effetto (Figura 4). Variabilità della frequenza cardiaca L'analisi multivariata ha mostrato una differenza statisticamente significativa tra i gruppi OMT e SHAM per il valore nuHF (p < 0.001) (Figura 5). L'analisi post hoc di Bonferroni ha indicato che nel gruppo OMT l'aumento dei valori di nuHF era statisticamente significativo in confronto al gruppo SHAM (p < 0,01). Allo stesso modo, è stata rilevata una differenza statisticamente significativa per il valore DFA-a1 (p < 0,01). L'analisi post hoc di Bonferroni ha dimostrato che nel gruppo OMT si è avuto un effetto significativo rispetto al gruppo SHAM (p < 0,01). Attività elettrodermica La Tabella 4 mostra i dati relativi alla GSR in diversi punti temporali. Ulteriori analisi MER hanno mostrato una differenza statisticamente significativa tra i gruppi per i valori della conduttanza cutanea (1,09; 0,30–1,89; <0,01). Infatti, come illustrato nella Figura 6, nei partecipanti che hanno ricevuto l'OMT si è evidenziato un significativo aumento della GSR rispetto ai valori della linea di base, sia nel periodo del tocco che del post-tocco. Il gruppo SHAM non ha mostrato alcun cambiamento significativo. DISCUSSIONE Il presente studio randomizzato di tipo cross-over ha mostrato come l'OMT provochi un aumento della temperatura nelle aree critiche del viso, in particolare nella regione nasale, in entrambe le regioni periorbitali bilaterali e nella fronte. Viceversa, quando i volontari adulti sani asintomatici ricevevano la terapia simulata, che prevedeva un leggero tocco statico, non emergeva alcun cambiamento significativo nella temperatura. Il trattamento manipolativo osteopatico è risultato anche associato a una variazione specifica dei parametri HRV, in particolare a un aumento del dominio HF e a una riduzione dei valori di DFA-a1, che non è stata osservata quando i partecipanti ricevevano il trattamento fittizio. Inoltre, è stato evidenziato come l'osteopatia risulti associata a un aumento della conduttanza cutanea, che indica una risposta simpatica assente nel gruppo della terapia fittizia. In parte, questi risultati sono in linea con il precedente studio da noi condotto sugli adulti, nel quale avevamo osservato come una singola sessione osteopatica producesse una risposta parasimpatica in misura significativamente maggiore rispetto alla procedura simulata o quella senza tocco (no-touch) (Ruffini et al., 2015). Il presente studio estende il lavoro precedente in quanto misura gli effetti su svariati output neurovegetativi e durante un periodo più lungo. Mentre nella ricerca precedente durante le sessioni di trattamento abbiamo misurato esclusivamente l'HRV, incluse le variazioni della frequenza cardiaca e l'intervallo RR, nel caso qui descritto abbiamo constatato non soltanto la variazione dei parametri dell'HRV ma anche che questa variazione è associata a una modifica della temperatura in specifiche regioni del volto. Infatti, avvalendoci delle tecniche termografiche dell'IRI ad alta risoluzione per studiare la reattività vegetativa che si riflette nei cambiamenti della temperatura facciale, abbiamo mostrato che i partecipanti sottoposti al trattamento osteopatico evidenziavano un aumento significativo della temperatura in aree specifiche del volto, riconosciute come indicatori dell'attività dell'SNV (Ioannou et al., 2014). Ad esempio, la punta del naso è stata utilizzata principalmente come indicatore della risposta neurovegetativa. Alcune ricerche hanno mostrato che la temperatura della punta del naso può riflettere un aumento o una diminuzione degli stati di attivazione, in quanto determina rispettivamente la vasocostrizione/diminuzione della temperatura e la vasodilatazione/aumento della temperatura in diverse condizioni cliniche e di laboratorio (Mizukami et al., 1987; Tanaka et al., 1998; Nakayama et al., 2005; Nakanishi and Imai-Matsumura, 2008; Nozawa e Tacano, 2009; Kuraoka e Nakamura, 2011). Per quanto concerne invece le altre regioni facciali, l'aumento della temperatura sulla fronte può indicare l'attivazione del muscolo corrugatore, che è altamente correlato allo stress mentale (Ebisch et al., 2012; Zhou et al., 2013); di conseguenza, la sua disattivazione riflette il rilassamento mentale. Viceversa la distribuzione termica nella regione periorale, data l'alta concentrazione di ghiandole sudoripare nella zona, è strettamente correlata all'attività della risposta sudomotoria (Cardone e Merla, 2017). Un abbassamento della temperatura nella regione periorale indicherebbe l'attivazione della funzione di sudorazione e di conseguenza una reazione direttamente collegata alla divisione simpatica dell'SNV. A nostro avviso, l'aumento di queste temperature associato al trattamento osteopatico può essere interpretato come indicativo di un effetto parasimpatico positivo sull'SNV dei partecipanti. Considerando le latenze e le ampiezze delle risposte all'OMT, ipotizziamo che l'aumento più veloce e intenso della temperatura riveli aggiustamenti neurovegetativi tipicamente associati alla risposta parasimpatica e più specificamente vagale. Vale la pena sottolineare che la reazione di vasodilatazione parasimpatica indotta comprende molte funzioni adattative appartenenti al dominio della risposta di “riposo e digestione”, in particolare quella relativa alla ridistribuzione del flusso sanguigno. Questa reazione corrisponde generalmente a un aumento dell'irrorazione del tratto gastrointestinale, a una riduzione della frequenza cardiaca, all'attivazione del nervo vagale e quindi favorisce una risposta corporea più calma e rilassata, tendente a uno stato di recupero. Un'altra conseguenza di questa reazione è l'arrossamento del viso, che può segnalare uno stato emozionale legato alla presenza di un ambiente sicuro e rilassante. I nostri risultati sono in linea con altri recenti studi che indicano come il trattamento manuale possa produrre calore in determinate aree trattate (Walchli et al., 2014). Qui abbiamo evidenziato queste risposte differenziali all'OMT e al trattamento simulato, in regioni termiche validate e standardizzate utilizzando un disegno metodologicamente robusto per l’esecuzione dello studio. Tuttavia, una più approfondita analisi dei dati di Walchli e colleghi ha evidenziato che la temperatura media non cambiava tra le procedure manuali. Le differenze di gruppo potrebbero essere invece spiegate da una maggiore variabilità nella varianza del campione, oltre che dal fatto che lo studio fosse sottodimensionato (Walchli et al., 2014). Pertanto, saranno necessarie ulteriori ricerche per confermare questi dati sulle funzioni neurovegetative e verificare la loro corrispondenza con altre misurazioni. Le altre misure utilizzate nel presente studio coincidono con quelle usate in recenti ricerche che hanno determinato l'associazione tra i valori termici e l'EDA, in particolare con i dati della GSR (Vetrugno et al., 2003). È stato dimostrato che l'attività elettrodermica riflette la funzione sudomotoria colinergica simpatica la quale, se modificata, genera cambiamenti nella resistenza cutanea e quindi un'alterazione della conduzione elettrica. Diversi studi ne hanno dimostrato la validità, pertanto l'EDA è stata riconosciuta come un valido indice della funzione sudomotoria (Knezevic e Bajada, 1985a, b) nonché come un indice sensibile dell'eccitazione corporea (Boucsein et al., 2012). La risposta galvanica cutanea, che determina l'EDA, indica quindi una potenziale variazione nell'attività secretoria delle ghiandole sudoripare che è indipendente dalla reazione vascolare. Per quanto concerne i limiti del presente studio, sono stati esaminati solo gli effetti acuti che un singolo intervento manipolativo osteopatico induce sulla misurazione a breve termine delle funzioni neurovegetative; in altre parole, una singola sessione potrebbe non avere alcun valore predittivo rispetto a sessioni multiple. L'effetto a lungo termine di trattamenti molto brevi è ancora sconosciuto. Inoltre, abbiamo utilizzato i dati del trasduttore di impulsi per calcolare l'HRV, invece di ricorrere all'approccio più comune, cioè all'utilizzo dell'ECG. La scelta di questa modalità di misurazione potrebbe limitare il confronto diretto con altri studi che utilizzano l'ECG. Inoltre, l'acquisizione dei dati mediante i trasduttori di impulsi può non essere ottimale dal momento che questi dispositivi potrebbero non essere in grado di discriminare accuratamente tra i battiti sinusali e non sinusali. A ciò si aggiunge il fatto che abbiamo arruolato volontari sani, i quali potrebbero reagire in modo diverso dai pazienti. In effetti, può darsi che un effetto evidenziabile nei pazienti con un tono parasimpatico basso potrebbe non essere visibile nei volontari sani. Infine, nella ricerca di un'associazione tra tecnica e risultati non abbiamo utilizzato un protocollo di trattamento predefinito, ma abbiamo deciso di simulare la normale pratica clinica osteopatica, nella quale non vengono applicati protocolli rigidi predefiniti. Saranno necessarie ulteriori indagini per determinare se il ricorso all'IRI sia una modalità adatta per gli studi clinici in cui vengono arruolati pazienti affetti da diverse patologie che hanno dimostrato di beneficiare dell'OMT e se i dati termografici possano avere un ruolo prognostico e clinicamente significativo a lungo termine. In conclusione, è noto che l'OMT ha un impatto significativo su diverse fasce di età (Channell et al., 2016; Ruffini et al.,2016 ; Lanaro et al., 2017). Anche se l'osteopatia può arrecare alcuni benefici in diverse condizioni cliniche (Franke et al., 2014; Cicchitti et al., 2015; Bagagiolo et al., 2016; Racca et al., 2017; Arienti et al., 2018), una migliore comprensione dei meccanismi neurofisiologici alla base di questi effetti è tuttavia necessaria al fine di migliorare i protocolli e progettare studi mirati per condizioni cliniche specifiche che ne possano trarne il massimo giovamento. La presente ricerca avvalora l'ipotesi che, diversamente da una terapia simulata, una singola sessione di OMT induce modifiche neurovegetative in adulti sani non sintomatici. Offre quindi nuovi spunti per lo sviluppo e l'ulteriore progettazione di studi sulle terapie manuali nel contesto dell'SNV.

Ulteriori informazioni

DICHIARAZIONE DI DISPONIBILITÀ DEI DATI
I set di dati generati per questo studio sono disponibili su richiesta rivolgendosi all’autore responsabile della corrispondenza.

DICHIARAZIONE ETICA
Gli studi che hanno coinvolto partecipanti umani sono stati esaminati e approvati dal Comitato Etico Istituzionale dell’Università “G. D’Annunzio ”di Chieti-Pescara. Ciascun partecipante ha dato il consenso informato per iscritto per la pubblicazione di qualsiasi immagine o dato potenzialmente identificabile incluso in questo articolo.

CONTRIBUTI DEGLI AUTORI
AP, FS e AM hanno supervisionato l’esperimento e verificato il contenuto teorico del manoscritto. DC ha esportato i dati e ha rivisto il manoscritto. FC ha eseguito l’analisi statistica, supervisionato la ricerca e controllato i contenuti teorici dell’articolo. Tutti gli autori hanno concepito il progetto, redatto e approvato la versione finale del manoscritto.

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